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Aurore polari e tempeste solari

Tempo di lettura: 9 minuti

Rubrica del weekend a spasso nell’eliosfera – Episodio 18

Qualcuno tra voi lettori si sarà sicuramente chiesto, nel corso delle ultime puntate, fin dove ci saremmo spinti, quanto lontano dal Sole avremmo cercato corpi di cui parlare per questa rubrica. La domanda è senza dubbio lecita, e in realtà dobbiamo svelarvi un segreto: siamo già usciti dall’eliosfera. Ebbene sì, abbiamo già sforato, sulle ali dell’entusiasmo, ammaliati dal fascino delle meraviglie che stanno là fuori. Quindi l’eliosfera è qualcosa di ben definito, con dei confini chiari? Sì e no. Al di fuori di essa, cosa c’è? Poco, ma immensamente molto. Mettevi comodi e andiamo con ordine, sarà un lungo viaggio!
(Tratto dalla puntata 17 della Rubrica del weekend A spasso nell’eliosfera)

Rileggi le puntate precedenti di questa rubrica:
La magnetosfera, il nostro scudo spaziale – 2 luglio, episodio 17
Comete celebri dei giorni nostri – 18 giugno, episodio 16
La nube di Oort e l’ipotesi della nana bruna – 11 giugno, episodio 15
Gli oggetti transnettuniani alla periferia del sistema solare – 4 giugno, episodio 14
Plutone, il nono… nano – 28 maggio, episodio 13
Nettuno, l’ultimo dei giganti – 14 maggio, episodio 12
Urano, nn gigante… ribaltato! – 7 maggio, episodio 11
Il signore degli anelli – 23 aprile, episodio 10
I satelliti di Giove – 16 aprile, episodio 9

Una stella mancata – 9 aprile, episodio 8
Il pianeta mancante – 2 aprile, episodio 7
Marziani, rover e droni – 19 marzo, episodio 6
Di passaggio sulla Terra: perché esistono le stagioni? – 12 marzo, episodio 5
Venere, pianeta infernale – 5 marzo, episodio 4
Mercurio, dove i giorni durano più degli anni – 19 febbraio, episodio 3
Un sabato al Sole – 12 febbraio, episodio 2
Prendiamo le misure: quando siamo piccoli? – 5 febbraio, episodio 1

(…continua dalla scorsa puntata)

Un altro segno tangibile dell’interazione tra il vento solare e la magnetosfera, specie nel caso della Terra, è l’esistenza delle aurore polari. Come abbiamo già visto la scorsa settimana, il vento solare trasporta particelle cariche verso la terra, e viene deviato per azione del campo magnetico terrestre, per poi proseguire oltre.

In realtà, in determinate circostanze si verifica il fenomeno della riconnessione magnetica, seppure in misura ridotta rispetto a quanto accade intorno a Venere e ad altri corpi più piccoli, che permette ad una frazione di queste particelle di penetrare nella magnetosfera e interagire con la ionosfera. Questa è popolata da atomi neutri, il cui elettrone di valenza (per i più ferrati in materia) può essere eccitato dalle particelle ad alta energia trasportate dal vento solare, ovvero elettroni e protoni.

Dopo un determinato intervallo di tempo, gli elettroni in questione tornano allo stato precedente, scaricando l’energia acquisita sotto forma di fotoni, ovvero luce: le aurore polari si rendono così visibili – non solo sulla Terra -, assumendo colori che dipendono dai gas presenti nell’atmosfera. 

Dove, come e perché

Le aurore polari compaiono generalmente tra i 60° e i 70° di latitudine, sia nell’emisfero australe che in quello boreale. Il motivo è presto detto: in queste zone, il campo magnetico terrestre è meno intenso, e le particelle cariche penetrano più facilmente, fino a raggiungere gli strati alti dell’atmosfera terrestre.

Viene da sé, infine, che le aurore polari dipendano strettamente dall’attività solare. L’osservazione di macchie più estese della norma sulla superficie della nostra stella sono il segno tangibile di un aumento dell’attività solare, che comporta inevitabilmente un’alterazione del vento solare e della quantità di particelle ed energia espulse nello spazio. Di conseguenza, si potranno osservare nei giorni successivi – il vento solare impiega almeno 50 ore a raggiungere la Terra – aurore polari più intense e spettacolari.

Se il sole si arrabbia…

La stretta interazione tra il vento solare e la nostra vita quotidiana non è ovviamente tutta qui. Un intensificato vento solare che investe la Terra può generare scompensi e malfunzionamenti nelle reti elettriche e radio di tutto il pianeta, fino a completi blackout.

Questo comporta anche distorsioni, seppur temporanee, della magnetosfera terrestre: esse si generano dall’impatto con il cosiddetto campo magnetico interplanetario, ben rappresentato dal moto e dall’intensità del vento solare nello spazio circostante.

Nel 1859, un mix di anomalie a dispositivi elettrici e magnetici, osservazioni di macchie solari insolitamente estese e aurore polari visibili fino a basse latitudini, fu la base per la svolta nella conoscenza dell’attività solare.

La Grande Aurora, che raggiunse il picco il 1° settembre di quell’anno, prende anche il nome di Evento di Carrington, in onore dell’astronomo che in quell’occasione osservò alcune macchie solari degne di nota, e sicuramente correlate con la tempesta solare che investì la Terra.

Si registrarono parecchi malfunzionamenti nelle strumentazioni elettriche, e persino la totale interruzione delle comunicazioni telegrafiche per 14 ore. Al culmine della sua luminosità, l’aurora era visibile fino a basse latitudini, e fu osservata anche da Roma.

Pochi anni prima, nel novembre del 1848, si era già verificato un evento simile, con aurore visibili fino a Napoli, immortalate anche dal pittore Salvatore Fergola dall’Osservatorio Astronomico di Capodimonte.

Alcuni di voi potranno invece ricordare l’aurora boreale del 2003, visibile il 20 novembre anche dall’Italia settentrionale, specie dalle Dolomiti, con il suo colore rosso acceso.

Misurare le tempeste solari

Fenomeni come quello del 1859 dovrebbero verificarsi mediamente ogni 500 anni, pertanto non ne abbiamo ancora mai sperimentato l’effetto sulle strumentazioni moderne.

Alla luce delle ultime scoperte, però, gli studiosi hanno iniziato a supporre che eventi di questo tipo possano essere più frequenti di quanto prospettato in precedenza. Il campanello d’allarme è suonato nel 2012, quando il 23 luglio sono state osservate due espulsioni di massa coronale (coronal mass ejection, CME) impressionanti dalla superficie solare. Fortunatamente per noi, la conseguente tempesta solare si è propagata nello spazio in una direzione ben lontana dalla nostra.

In termini numerici, l’intensità di una tempesta solare e degli effetti elettromagnetici indotti viene misurata tramite l’indice DST (disturbance storm time): tanto più il valore è basso, tanto maggiore è l’intensità. Un valore negativo dell’indice DST indica che la tempesta solare è in grado di indebolire il campo magnetico terrestre, deputato a proteggerci dai suoi effetti.

Fino a -50 nT (nanotesla) si parla di tempesta debole, che diventa invece moderata fino a -100 nT. Entro i -200 nT si parla di tempeste intense, mentre oltre tale limite si entra nel regno delle super tempeste.

Per i più curiosi, i dati orari dell’indice DST sono disponibili a partire dal 1957, e possono essere scaricati cliccando qui.

La tempesta solare del 1859 ha avuto un indice DST di -850 nT, mentre quella del 2012 avrebbe raggiunto i -1150 nT. In questo modo, se avesse investito la Terra, sarebbe stata senza dubbio la più intensa mai sperimentata nell’era delle comunicazioni elettriche.

Aspettando la tempesta (solare) perfetta…

È sicuramente difficile quantificare questi numeri senza un esempio tangibile. Ebbene, un evento da cui prendere spunto è avvenuto il 13 marzo 1989. In tale occasione, una tempesta solare circa tre volte meno intensa (-548 nT; il rapporto non è lineare) di quella del 1859, lasciò senza corrente diversi milioni di persone in Canada. Parte della rete di distribuzione elettrica collassò, e anche nel New Jersey un trasformatore rimase danneggiato dalle correnti indotte, facendo interrompere la distribuzione di energia.

Alla luce di ciò, è praticamente certo che se una tempesta come quella del 2012 dovesse investire la Terra, le conseguenze sarebbero tutt’altro che piacevoli. Prevedere un simile evento e adottare misure preventive è fondamentale per “salvare il salvabile”.

Le reti elettriche di tutto il mondo potrebbero collassare, le strumentazioni magnetiche – come le bussole e gli apparecchi di navigazione degli aerei – subire paralisi o restituire indicazioni completamente errate; le correnti indotte causerebbero cortocircuiti in molti dispositivi elettrici, compresi quelli dei più comuni apparecchi di comunicazione, senza considerare l’effetto analogo – a monte – sui satelliti predisposti per il loro funzionamento.

Riuscite ad immaginare un mondo senza elettricità e senza comunicazioni? Iniziate stampando questo articolo, perché quando la tempesta solare perfetta arriverà, non potrete più leggerlo dal computer o dallo smartphone! Come sempre, il pdf è disponibile qui sotto.

FONTI

Aurore boreali: svelato il mistero dei ‘bagliori danzanti’ del nord. La Repubblica, 26 luglio 2008. URL: https://www.repubblica.it/2008/07/sezioni/scienza_e_tecnologia/aurore-boreali/aurore-boreali/aurore-boreali.html 

Aurora boreale: «bagno di luce» a Cortina. Corriere delle Alpi, 22 novembre 2003. Consultato il 23 giugno 2022, URL: https://ricerca.gelocal.it/corrierealpi/archivio/corrierealpi/2003/11/22/BC1PO_BC101.html 

Aurore polari. In Wikipedia. Ultima modifica 8 maggio 2022, consultato il 22 giugno 2022, URL: https://it.wikipedia.org/wiki/Aurora_polare 

Come si forma il campo magnetico terrestre? Focus.it. Pubblicato il 26 giugno 2002, consultato il 22 giugno 2022, URL: https://www.focus.it/ambiente/natura/come-si-forma-il-campo-magnetico-terrestre 

Evento di Carrington. In Wikipedia. Ultima modifica il 26 aprile 2022, consultato il 23 giugno 2022, URL: https://it.wikipedia.org/wiki/Evento_di_Carrington 

Ferroni, E. (2014). I venti solari che scuotono Venere. Media.inaf.it. Pubblicato il 21 febbraio 2014, consultato il 23 giugno 2022, URL: https://www.media.inaf.it/2014/02/21/i-venti-solari-che-scuotono-venere/#:~:text=Venere%2C%20a%20differenza%20del%20pianeta,risucchiano%20letteralmente%20pezzi%20di%20ionosfera

Genuin, N. (2022). Venere, pianeta infernale. Deltasciencetutoring.com. Pubblicato il 5 marzo 2022, consultato il 23 giugno 2022, URL: https://deltasciencetutoring.wpcomstaging.com/rubricadelweekend/sistemasolare/pianeta-venere.html 

Indici geomagnetici. Roma2.ingv.it. Consultato il 23 giugno 2022, URL: https://roma2.ingv.it/index.php/comunicazione-e-divulgazione/alla-scoperta-di/geomagnetismo-e-paleomagnetismo/variazione-di-origine-esterna/indici-geomagnetici 

Kinght, G. (2015). Calculation of the DST Index. [presentazione]. Consultato il 23 giugno 2022, URL: https://slideplayer.com/slide/4307987/ 

La tempesta solare “perfetta” (che mancò la Terra). Le Scienze, edizione italiana di Scientific American. Pubblicato il 19 marzo 2014, consultato il 23 giugno 2022, URL: https://www.lescienze.it/news/2014/03/19/news/tempesta_solare_magnetica_perfetta_espulsioni_plasma_corona_sole-2055531/  

Magnetopausa. In Wikipedia. Ultima modifica 12 maggio 2022, consultato il 23 giugno 2022, URL: https://it.wikipedia.org/wiki/Magnetopausa 

Magnetosfera. In Enciclopedia Treccani. Consultato il 22 giugno 2022, URL: https://www.treccani.it/enciclopedia/magnetosfera 

Magnetosfera. In Wikipedia. Ultima modifica 21 giugno 2022, consultato il 22 giugno 2022, URL: https://it.wikipedia.org/wiki/Magnetosfera 

Magnetosphere. In Encyclopaedia Britannica. Pubblicato il 26 gennaio 2020, consultato il 23 giugno 2022, URL: https://www.britannica.com/science/Van-Allen-radiation-belt 

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Sandri, M. (2020). Maven sulle tracce dell’atmosfera perduta di Marte. Media.inaf.it. Pubblicato il 2 giugno 2020, consultato il 22 giugno 2022, URL: https://www.media.inaf.it/2020/06/02/correnti-elettriche-marziane/  

Smith, R. (1851). On the aurora borealis which occurred on the evening of Friday, the 17th of November, 1848. Proceeding of the Royal Society of London, pubblicato il 1 gennaio 1851, DOI: https://doi.org/10.1098/rspl.1843.0173 

Venus Express. esa.int. Consultato il 23 giugno 2022, URL: https://www.esa.int/Enabling_Support/Operations/Venus_Express 

Credits: Photo by Jon Anders Dalan on Unsplash

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