Videoscrittura: la scrittura virtuale

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Videoscrittura: la scrittura virtuale. Viaggio nel mondo delle pratiche di scrittura. Dopo aver esaminato le caratteristiche di tre testi come l‘abstract, la proposta di ricerca e il parlare in pubblico,

la rubrica Guida alla scrittura svolge in questa puntata qualche considerazione sulla trasformazione radicale in pochi anni delle pratiche di scrittura, determinata dall’avvento del personal computer.


La sorte mi ha assegnato ad un lasso di tempo davvero non ordinario. Ho imparato a scrivere con penna, pennino, calamaio, quindi boccette d’inchiostro, carte assorbenti, gomme per cancellare (e inevitabili buchi nella pagina di carta del quaderno, e conseguente severa riprovazione della maestra). E adesso scrivo col mio tablet, uso un’applicazione di scrittura che integra in sé altri software: controllo ortografico, controllo grammaticale, valutazione di leggibilità, traduzione, e presto, intelligenza artificiale. Il tutto nel giro di qualche decennio.

E pensare che dopo l’invenzione dell’alfabeto – un evento straordinario – circa 3000 anni fa, fino al XV secolo, invenzione della stampa, e poi fino al XIX secolo, invenzione della macchina per scrivere, non è successo più nulla. Le pratiche di lettura e scrittura si mantennero inalterate per millenni soprattuto nella scrittura. Con l’invenzione della stampa e con la prima macchina per scrivere la scrittura si fece meccanica. Con l’affermazione del personal computer, la scrittura si fece virtuale.

Penna inchiostro calamaio

La scrittura per me è stata croce e delizia. Che bello scrivere! e, come si può vedere, ho continuato a lungo, ormai sono molti anni che scrivo: compiti, esercizi di traduzione, di composizione, diari, relazioni, descrizioni, programmazione didattica, presentazione di progetti da finanziare, articoli per riviste, interventi a convegni, saggi, … 

Videoscrittura: la scrittura virtuale Perugina reclame

Ma che fatica scrivere, parlo proprio della fatica fisica, del pollice che duole, e della forzata immobilità sulla sedia. Ho imparato a scrivere da sola, copiando quel che vedevo, soprattutto pubblicità: tv e manifesti. Le lettere di questi scritti sono in genere molto personalizzate. Mi ricordo una pubblicità “Perugina”. La riproduco qui. Guardate l’ultima sillaba e e vedrete lo stile di questa scritta. LA “N” sembra una “R” e la “A” sembra una lettera dell’alfabeto cirillico. 

A sei anni, come tutti i bambini italiani, iniziai la scuola. Credevo di fare bella figura, mostrando la mia abilità di copista. Ma neanche per sogno! Scrivevo con la bic, confondevo “n” con “r”, per colpa della Perugina, e la mia maestra, una signora che mi sembrava molto anziana, ma sicuramente era più giovane di me adesso,  trovava inaccettabile la mia confusione, e proibiva l’uso della penna biro (“Si perdono i filetti ascendenti e i pieni discendenti”, diceva … ). Amava tormentare i bambini con penna e pennino e inchiostro, perché scrivere in modo uniforme, controllando la forma e il corpo delle singole lettere, non è esercizio di poco conto, e nel mio ricordo è sofferenza pura!

Un’impresa memorabile 

Ecco la prima delle mie pratiche di scrittura. Imparai a scrivere il mio nome tra filetti ascendenti e pieni discendenti, non senza lamentarmi coi genitori per la lunghezza del nome che mi hanno dato: Ferdinanda sono quattro sillabe e dieci lettere! Ho già un cognome altrettanto lungo!

Videoscrittura: la scrittura virtuale 
Corsivo, filetti ascendenti e pieni discendenti

Tuttavia non era questo il corsivo scolastico. Il nostro corsivo era più simile a questo. 

Videoscrittura: la scrittura virtuale Corsivo

Nelle nostre pratiche di scrittura non era contemplata nemmeno la penna stilografica. Ricordo l’incubo dell’inchiostro, nero: le macchie sui quaderni, sul grembiulino bianco e anche sul fiocco giallo che la mamma mi annodava pazientemente ogni mattina, ma si disfaceva misteriosamente subito dopo, e finiva macchiato d’inchiostro. Una volta, che era il mio turno far da messaggera in un’altra classe, compito ambitissimo, fui rimandata al posto con grande disapprovazione, perché giudicata così macchiata da essere impresentabile. Fu un dolore mai dimenticato! 

Sicché quando finalmente, ma ero già in quinta, una giovane maestra, Maria Gabriella Joo, che ricordo con affetto, mi permise di usare la biro, suonò l’ora della liberazione. 

Macchine

L’anno della quinta fu memorabile anche per un’altra ragione: mio papà mi comprò una macchina per scrivere. Bella, nera, pesantissima, da ufficio. Una Underwood usata, che non so dove sia finita, persa in uno dei traslochi della mia famiglia certamente, e ancora la rimpiango. Mia mamma mi comprò un manuale di dattilografia: “Tolle et lege”, disse all’incirca, e mai alunna fu più diligente.

Era la macchina di cui avevo proprio bisogno! Sono sempre stata persuasa che le macchine alleviano la fatica umana: per questo le inventiamo. Mentre affermo questo, penso non solo alle macchine materiali con il loro hardware, ma anche alle macchine virtuali. L’intelligenza artificiale al postutto è una macchina virtuale che svolge un compito per noi molto difficile: gestire un numero altissimo di info mettendole in relazione tra loro per ricavarne un sapere.

Ma per tornare alla mia storia con le macchine, devo registrare che per la promozione in terza media ebbi in regalo un’Olivetti portatile, astuccio cremisi. Chissà dov’è finita. È stata con me molti anni, fin dopo la tesi di laurea che scrissi con quella macchina. 

Doveva passare ancora qualche anno e finalmente nel 1984 le mie pratiche di scrittura ebbero una svolta decisiva.

Incontrai sulla mia strada un Macintosh. Colpo di fulmine.

Mentre tutti gli altri computer che avevo provato scrivevano con strane lettere verdi su fondo nero, il mio Mac mi presentava un foglio bianco e un programma di scrittura “MacWrite” che aveva anche i caratteri greci. I miei si chiamavano “Salamis”. Avevo tribolato tantissimo a scrivere la mia tesi di laurea: le parole greche le avevo dovute aggiungere a mano, perché la mia Olivetti, mica possedeva dei caratteri greci!

Le sofisticate abilità dello scrivere

Ma il pregio più marcato della videoscrittura che ho intuito subito e compreso bene nella lunga quotidianità, che ne è seguita, è che supporta chi scrive nel difficile compito mentale che la scrittura richiede.

Tutti sanno che un buon testo è il risultato di più di una redazione. Scolasticamente se ne prevedono sempre almeno due, una “brutta” e una “bella”, dove la distinzione non dovrebbe riguardare la calligrafia, ma proprio l’approssimazione graduale ad una compiuta esposizione del proprio pensiero. 

Chiunque scriva, sa che deve affrontare problemi di diversa natura, ideativi e comunicativi. Può seguire strategie diverse, ma di certo si avvicina alla sua soluzione per successive approssimazioni.  L’indagine sugli “avantesti” degli scrittori illustri documenta proprio come avvenga la fissazione sulla carta di un’idea, di un pensiero; come si proceda poi al suo ordinamento, alla distribuzione della materia e dei giudizi. Lo studio degli avantesti e delle varianti ha insomma prodotto la consapevolezza che il processo della scrittura è molto sofisticato; che tale attività si svolge secondo procedure adatte a soddisfare le condizioni poste da un atto comunicativo; che tali regole sono generalizzabili e dunque utili anche a chi deve scrivere non un romanzo, o un’opera letteraria, ma una buona relazione aziendale, o una newsletter, o una lettera d’affari.

Videoscrittura, la scrittura si fa virtuale

Un personal computer  ed un programma di videoscrittura sono di grande aiuto per compiere le molteplici operazioni richieste dalla redazione di un testo. C’è una caratteristica dei sistemi elettronici di scrittura che vale la pena di sottolineare.  Chi scrive con carta e penna deve organizzare nella propria mente le sue frasi, anzi tende a risparmiare sulla scrittura, proprio perché tende a limitare la fatica delle correzioni, dunque tende ad inibirsi, a scrivere mentalmente il suo testo, anziché lavorarlo sulla carta. 

Il lavorio di astrazione mentale non a tutti è congeniale, finisce con l’escludere parecchi di noi, me certamente. Ho sempre fatto fatica a “vedere” mentalmente quello che vorrei scrivere. Ci riesco accettabilmente invece dal 1984, quando ho cominciato a usare un sistema di videoscrittura.

Prima ero lontana dall’avere successo nella composizione del discorso: la correzione materiale sulla carta è un lavoro così lungo che è spesso impraticabile, anche se si pazienti e volonterosi. Ebbene il testo digitale, che compare rappresentato non su carta ma su uno schermo, si presta ad essere lavorato, cioè corretto, modificato, rivisto. Il testo digitale non obbliga a risparmiare sulla scrittura, consente di oggettivare quanto si ha in testa e proprio per questo consente di sviluppare il discorso, tenendo conto di tutte le esigenze comunicative che la situazione impone.

La scrittura digitale svincola la composizione del testo dalla sua stampa, cioè dalla sua dimensione materiale. È in grado invece di rappresentare i diversi stati del discorso così come la mente li concepisce e di far lavorare su un oggetto testo, che si può correggere secondo i propri criteri e giudizi. Il paradosso è che la realtà virtuale del testo lo fa oggetto materiale, che prende forma, sotto gli occhi e le mani di chi lo sta pensando e scrivendo.   

È chiaro quindi perché un sistema digitale non equivale ad una macchina per scrivere. Questo strumento serve solo a redigere in modo più rapido, e più gradevole alla lettura, un testo nella sua redazione finale.  Tutti gli altri passaggi devono avvenire nella mente di chi scrive e solo in una certa misura sulla carta. 

Nella virtualità reali pratiche di scrittura

Usare un personal computer aiuta invece a fare una reale esperienza di scrittura, non perché esso aumenti le risorse cognitive, ma perché aiuta a rappresentare quello che si sa e consente quindi di averne una consapevolezza maggiore.

Questa è la ragione che mi ha spinto a far usare la videoscrittura ai miei alunni fin dall’allestimento dei primi lab informatici nei primi anni Novanta. La correzione continua con la videoscrittura si può fare, e chi muove i primi faticosi passi nella composizione di un testo, non ne viene scoraggiato.

L’elaboratore permette la stesura effettiva di diverse redazioni del testo, su cui intervenire a più riprese e con diversi obiettivi. Prima l’individuazione delle informazioni, adatte ad esporre o ad argomentare un giudizio; poi la loro strutturazione logica; infine la cura della forma espressiva. La ripetitività delle copiature che scoraggia del tutto un alunno è eliminata:  non c’è mai bisogno di riscrivere. Ciò che è stato scritto può essere ampliato o ridotto, mantenuto in quella posizione o spostato, modificato nello stile e nel formato. Senza mai dover ricopiare il tutto per l’ennesima volta.

Come per tutte le abilità pratiche, si impara scrivere, scrivendo, scrivendo moltissimo, scrivendo sempre! Benvenuta dunque videoscrittura (che sto usando anche per redigere questo stesso testo)!

Scrittura digitale e leggibilità

Oggi il software per scrivere è sempre più integrato in altri software: si può far controllare l’ortografia (e molti alunni ne hanno bisogno, non avendo interiorizzato da piccoli le norme ortografiche della nostra lingua), si può far controllare la grammatica usata per essere certi che il giro sintattico della frase funzioni.

Il software della videoscrittura è integrato dalle funzioni di leggibilità del testo. Che significa? Significa che nel word processor sono inserite funzionalità che permettono di tenere d’occhio alcune caratteristiche testuali in modo da non fare errori che rendono il testo difficile da leggere: frasi brevi, paragrafi brevi, parole del lessico comune sono alcuni degli elementi che sono valutati. Lo scopo è che un avviso comunale, un regolamento, una bolletta del gas devono essere documenti leggibili da tutti. Tutte le scritture informative e regolative devono evitare il burocratichese. Come si misura la leggibilità di un testo? ci sono diversi indici che, integrati nel wordprocessor, valutano l’impianto linguistico di un testo e propongono correzioni. Per l’italiano usiamo l’indice GULPEASE elaborato da Tullio De Mauro e dalla sua équipe di ricercatori. Su questi temi vi invitiamo a vedere la pagina di ItalianaContemporanea dedicata alla leggibilità.

Scrittura digitale e SEO

Se poi il nostro testo è destinato ad un sito web, sono integrati nel wordprocessor gli indici che valutano la sua posizione nei motori di ricerca. Se scrivo un sito web, vorrei vendere qualcosa o semplicemente dare visibilità ai miei contenuti. Perciò devo fare attenzione all’indice che mi dice se il mio articolo avrà un ragionevole posizionamento nei motori di ricerca: SEO è il suo nome.

È una sigla inglese che sta per Search Engine Optimization, tradotto letteralmente: “ottimizzazione per i motori di ricerca“. SEO dunque è quell’insieme di pratiche volte ad aumentare la visibilità di un sito internet migliorandone la posizione nelle classifiche dei motori di ricerca, nei risultati non a pagamento.

Non vorrei qui approfondire questo specifico argomento. Il cenno, come quello sulla leggibilità, sulla SEO e potrei aggiungere le traduzioni in altre lingue, aspetto questo dell’intelligenza artificiale, vuole solo evidenziare gli enormi progressi della videoscrittura dal “MacWrite” a oggi.

Osserva Primo Levi: «Appena scritto, un testo è illeggibile, non ha senso, è come guardarsi allo specchio e vederci sempre la stessa faccia. Bisogna lasciarlo riposare, giorni o settimane, e poi riprenderlo. Allora un po’ di martello funziona. Meglio ancora: funzionano le tronchesine. Per questo il Macintosh è uno strumento meraviglioso: perché taglia via tutto senza pietà, non rimane traccia di una sola cancellatura».

Primo Levi, Conversazioni e interviste 1963-1987, Einaudi.


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