Vita al civico 6/1

Tempo di lettura: 9 minuti

Vita al civico 6/1 è un episodio di Voices from Stalingrad, un eBook illustrato raccomandato da ItalianaContemporanea.

Ciascun episodio nei due romanzi che costituiscono la dilogia di Stalingrado ha un suo tono particolare. L’idea è di far sentire a chi legge l’ampiezza dei registri espressivi che il testo conserva anche in traduzione.  

Il civico 6/1

È il tono della gente ordinaria:
spaventata, e beffarda!

Il civico 6/1 rappresenta nel racconto grossmaniano tutti i luoghi della città, edifici pubblici, case, vie, piazze in cui si combatté accanitamente per ogni piano, per ogni stanza, per ogni metro. 
Se è ignota l’identità dei molti che combatterono accanitamente contro i tedeschi in ogni casa, ecco che il romanzo la restituisce loro, attraverso i suoi personaggi: un comune campione di umanità, raccontato con punte di umorismo e arguzia. Morte e distruzione e tragedia sono su un altro registro. Qui il tono è scanzonato. 

Vita al civico 6/1

Il gruppo del 6/1 contrasta il nemico disturbandone le azioni. Gli ufficiali sono morti tutti, perciò il comando è passato nelle mani di Vanja Grekov. Sono tutti uomini, finché negli ultimi giorni prima della fine, giunge tra loro una giovanissima marconista Katja Vengrova. 

Il civico 6/1

il 6/1 e la Stazione

L’episodio del 6/1 è doppio dell’episodio della stazione (si veda l’episodio Un pacco alla stazione) per tre ragioni. Anzitutto perché i due episodi lasciano intravvedere in trasparenza due fatti storicamente accaduti: la lotta durissima per il controllo della stazione di Stalingrado a settembre 1942, il primo; la casa di Pavlov, e la distruzione della Fabbrica Trattori dell’ottobre, il secondo. Poi perché entrambi i gruppi di resistenti ha rapporti molto difficili con i superiori. Infine perché nei due episodi speculari in cui si narra l’inferno di Stalingrado, prendono vita due storie d’amore, quella di Lena, infermiera, per il giovane tenente Kovalëv, e quella del giovane volontario Sergej per Katja, marconista. 

Batrakov

Ljachov e la lepre

Katja

Donne in guerra

La guerra per lei ha un risvolto che gli uomini ignorano. Non può scordare le sconcezze che ha dovuto sentire negli ultimi mesi, la proposta scurrile dell’ufficiale che per farla rimanere nelle retrovie chiedeva un ovvio scambio di favori. E ora al 6/1, sola tra tanti uomini agitati dalla sua presenza, è timorosa di finire suo malgrado “donna da campo”, come molte sue compagne hanno predetto.  

Cosa fa di una donna una bella donna?

Use this paragraph to provide more insightGli uomini del 6/1 parlano tanto di Katja negli attimi di quiete, tra un combattimento e l’altro. Si accende una disputa sulle qualità che fanno di una donna una bella donna. Il tenente Batrakov si rivela molto esperto in fatto di bellezza femminile. Il vecchio Poljakov dice che la ragazza non è un granché, piatta davanti e di dietro. Čencov dice che il criterio di Poljakov è superato, «andava bene con lo zar». Kolomejcev dice che a lui piacciono di più le donne piccole e brune. Zubarev si chiede come finirà, cioè a chi Katja cederà. Si scommette su Grekov al quale, a nessuno è sfuggito, la marconista piace molto, e così via, pettegolando.

L’unico che non fa paura a Katja è Serëža, perché è giovanissimo, e sta da volontario in mezzo all’inferno di Stalingrado. Con lei si comporta in modo perfino più sgarbato e screanzato di chiunque. Per questo tutti gli altri uomini del 6/1 danno a zero le possibilità di Serëža con Katja. E si sbagliano.

I due giovani riescono a isolare un momento privato, nel buio squarciato dai lampi delle esplosioni, si scambiano la promessa di reciproco ed eterno amore, e si addormentano sul cappotto. Grekov li vede. Li manda a chiamare la mattina dopo: «Tu vai allo stato maggiore». Ci tratta come servi della gleba, pensa Serëža, ma Grekov aggiunge: «La marconista viene con te» e li congeda, affettuoso e triste insieme, in modo che abbiano la possibilità di mettersi in salvo. La loro sorte non è nota. Scompaiono dal racconto. Potrebbero essersi salvati o no. Però è il comportamento di Vanja Grekov, non abbruttito dalla guerra, a proiettarli verso il futuro!

Voices from Stalingrad

È uno degli aspetti più singolari della dilogia grossmaniana quello di trovare una tonalità leggera mentre racconta momenti di paura e di estremo pericolo. È che gli uomini, anche quando sanno di avere scarse possibilità di sopravvivere, vivono comunque, e quindi leggono sotto un bombardamento, bevono il te in una tazza a fiorellini … e chiacchierano. La loro tenace volontà di vivere si manifesta nel loro aspetto, nel loro comportamento e soprattutto nelle loro parole. Le parole argute, le facezie, le battute fanno la tonalità di queste pagine.

Una tonalità che è come Katja, spaventata, e beffarda insieme.

Su Vasilij Grossman

Di Vasilij Grossman si è già occupata la nostra rubrica di letteratura. La famiglia di Vasilij Grossman (1905-1964) è ebrea, ed è ucraina, non parla yiddish, ma russo. La formazione di Grossman è la chimica, studia a Mosca e lavora nei primi anni Trenta come ingegnere nel bacino minerario del Donbass. In quegli anni decide di diventare uno scrittore, in russo. Ebreo, ucraino, russo, europeo, Donbass…. dovrebbe già essere scattato un campanello di attenzione nella vostra mente: luoghi e condizione di Grossman hanno a che fare con la crisi che ci affligge da almeno due anni. 

Quando i tedeschi invasero l’Unione Sovietica era il 22 giugno 1941; Grossman si arruolò immediatamente e fu destinato a Stella Rossa, il giornale dell’esercito. Nell’ottobre ’42 fu a lungo a Stalingrado sulla riva destra del Volga, nel cuore cioè della guerriglia sovietica contro i tedeschi. Da questo momento in poi Stalingrado occupa progressivamente il centro della sua scrittura .

Nascono negli stessi anni, tra la metà degli anni ’40 e i primi anni ’60, opere di grande valore: e tra queste c’è un capolavoro: la dilogia di Stalingrado: Vita e destino (sequestrato dal KGB nel 1962), e il suo “prequel”, un romanzo scritto subito dopo la guerra, pubblicato in URSS col titolo Per una giusta causa all’inizio degli anni Cinquanta dopo uno strenuo braccio di ferro con la censura.

Per saperne di più consultate l’enciclopedia Treccani.

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ALLA DILOGIA DI STALINGRADO
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