Vita al civico 6/1

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Vita al civico 6/1 è un episodio della webserie TONALITÀ, la cifra di Vasilij Grossman prodotta da ItalianaContemporanea. Ciascun episodio nei due romanzi che costituiscono la dilogia di Stalingrado ha un suo tono particolare. L’idea è di far sentire a chi legge l’ampiezza dei registri espressivi che il testo conserva anche in traduzione.  

Il civico 6/1 rappresenta nel racconto grossmaniano tutti i luoghi della città, edifici pubblici, case, vie, piazze in cui si combatté accanitamente per ogni piano, per ogni stanza, per ogni metro. 
Se è ignota l’identità dei molti che combatterono accanitamente contro i tedeschi in ogni casa, ecco che il romanzo la restituisce loro, attraverso i suoi personaggi: un comune campione di umanità, raccontato con punte di umorismo e arguzia. Morte e distruzione e tragedia sono su un altro registro. Qui il tono è scanzonato. 

È il tono della gente ordinaria:
spaventata, e beffarda!

Vita al civico 6/1

Il gruppo del 6/1 contrasta il nemico disturbandone le azioni. Gli ufficiali sono morti tutti, perciò il comando è passato nelle mani di Vanja Grekov. Sono tutti uomini, finché negli ultimi giorni prima della fine, giunge tra loro una giovanissima marconista Katja Vengrova. 

Il 6/1 e la stazione

L’episodio del 6/1 è doppio dell’episodio della stazione (si veda l’episodio Un pacco alla stazione) per tre ragioni. Anzitutto perché i due episodi lasciano intravvedere in trasparenza due fatti storicamente accaduti: la lotta durissima per il controllo della stazione di Stalingrado a settembre 1942, il primo; la casa di Pavlov, e la distruzione della Fabbrica Trattori dell’ottobre, il secondo. Poi perché entrambi i gruppi di resistenti ha rapporti molto difficili con i superiori. Infine perché nei due episodi speculari in cui si narra l’inferno di Stalingrado, prendono vita due storie d’amore, quella di Lena, infermiera, per il giovane tenente Kovalëv, e quella del giovane volontario Sergej per Katja, marconista. 

Un comune campione di umanità

La gente del 6/1 è un comune campione di umanità, ognuno col suo carattere non necessariamente ricco di virtù, anzi! Il racconto è dettagliato, si concentra sugli oggetti , sulle chiacchiere, sulle preoccupazioni di uomini coscienti di avere limitatissime possibilità di sopravvivere, ma determinati a vivere.

Ecco allora che si fanno coraggio deridendo il nemico:

«Poveri crucchi, quanto si danno da fare…»,
«Cosa non s’inventano…»,
«Ma dove le butta le bombe, quello scemo?»….

Batrakov

Canva elaborazione IA

C’è un tenente con la camicia sporca, ma che pulisce sempre con una pezzuola di camoscio gli occhiali che gli scivolano continuamente dal naso, si chiama Batrakov e sta al primo piano della casa assediata, col gruppo che fornisce dati all’artiglieria piazzata nell’Oltrevolga.  Prima della guerra era insegnante di matematica, anzi una volta interroga un po’ Serëža (è il diminutivo di Sergej), suscitando le risa degli altri: «Attento che ti tocca ripetere l’anno». Una volta Grekov lo sorprende durante una violentissimo attacco aereo in cima a una scala a leggere un libro. «A cosa gli serve vincere, ai tedeschi? Che se ne fanno di un idiota simile?»

Poi c’è Anciferov, un soldato dal corpo voluminoso. Non indossa mai la camicia di ordinanza perché ha sempre caldo, si asciuga la testa lucida con un grosso fazzoletto. È sempre scalzo per via dei calli, 
È solito bere il tè in una tazza coi fiorellini azzurri insieme coi suoi uomini, mentre intorno divampano spaventosi incendi. Era capomastro prima della guerra e ora studia come distruggerle al meglio, le case!

Batrakov è molto amico di Anciferov. Parlano di filosofia … perché siamo al mondo, … esiste un potere sovietico su altri pianeti, … da cosa si deduce che la mente dell’uomo è superiore a quella della donna …  e così via…

Anciferov

Canva elaborazione IA

Ljachov e la lepre

Rielaborazione con IA di immagini diverse

Ljachov,  un soldato del genio sempre accigliato, racconta a Katja la storia di una lepre che, intontita dai bombardamenti gli è rimasta accanto tutto un giorno. Tra Katja e lui s’accende una discussione, se gli animali distinguano i caccia tedeschi da quelli russi. Katja, sulla base delle sue esperienze con certi cani, sostiene di sì.

Arriva una cannonata ma non interrompe la conversazione tra i due. Anzi, prosegue Ljachov, la primavera precedente vicino a Svjatogorsk hanno scoperto che i merli avevano imparato ad imitare benissimo il fischio delle pallottole.

Katja

Immagine rielaborata con Canva IA

Katja è al fronte come moltissime altre giovani donne, infermiere, marconiste, attrezziste, aviatrici, … È stata mandata con la sua radio in prima linea al 6/1. Ha solo diciott’anni, ha una bocca grande e labbra esangui, gli occhi spaventati e confusi, ma anche beffardi. Viene da Mosca e da un’infanzia poverissima.

La sua esperienza militare è ancora breve, ma tale da crearle un disagio in più. Ha paura del nemico, ma non si sente al sicuro nemmeno tra i suoi. Grekov la spaventa.

La guerra per lei ha un risvolto che gli uomini ignorano. Non può scordare le sconcezze che ha dovuto sentire negli ultimi mesi, la proposta scurrile dell’ufficiale che per farla rimanere nelle retrovie chiedeva un ovvio scambio di favori. E ora al 6/1, sola tra tanti uomini agitati dalla sua presenza, è timorosa di finire suo malgrado “donna da campo”, come molte sue compagne hanno predetto.  

Le chiacchiere e le facezie

Gli uomini del 6/1 parlano tanto di Katja negli attimi di quiete, tra un combattimento e l’altro. Si accende una disputa sulle qualità che fanno di una donna una bella donna. Il tenente Batrakov si rivela molto esperto in fatto di bellezza femminile. Il vecchio Poljakov dice che la ragazza non è un granché, piatta davanti e di dietro. Čencov dice che il criterio di Poljakov è superato, «andava bene con lo zar». Kolomejcev dice che a lui piacciono di più le donne piccole e brune. Zubarev si chiede come finirà, cioè a chi Katja cederà. Si scommette su Grekov al quale, a nessuno è sfuggito, la marconista piace molto, e così via, pettegolando.

L’unico che non fa paura a Katja è Serëža, perché è giovanissimo, e sta da volontario in mezzo all’inferno di Stalingrado. Con lei si comporta in modo perfino più sgarbato e screanzato di chiunque. Per questo tutti gli altri uomini del 6/1 danno a zero le possibilità di Serëža con Katja. E si sbagliano.

I due giovani riescono a isolare un momento privato, nel buio squarciato dai lampi delle esplosioni, si scambiano la promessa di reciproco ed eterno amore, e si addormentano sul cappotto. Grekov li vede. Li manda a chiamare la mattina dopo: «Tu vai allo stato maggiore». Ci tratta come servi della gleba, pensa Serëža, ma Grekov aggiunge: «La marconista viene con te» e li congeda, affettuoso e triste insieme, in modo che abbiano la possibilità di mettersi in salvo. La loro sorte non è nota. Scompaiono dal racconto. Potrebbero essersi salvati o no. Però è il comportamento di Vanja Grekov, non abbruttito dalla guerra, a proiettarli verso il futuro!

È uno degli aspetti più singolari della dilogia grossmaniana quello di trovare una tonalità leggera mentre racconta momenti di paura e di estremo pericolo. È che gli uomini, anche quando sanno di avere scarse possibilità di sopravvivere, vivono comunque, e quindi leggono sotto un bombardamento, bevono il te in una tazza a fiorellini … e chiacchierano. La loro tenace volontà di vivere si manifesta nel loro aspetto, nel loro comportamento e soprattutto nelle loro parole. Le parole argute, le facezie, le battute fanno la tonalità di queste pagine.

Una tonalità che è come Katja, spaventata, e beffarda insieme.


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Su Vasilij Grossman

Di Vasilij Grossman si è già occupata la nostra rubrica di letteratura. La famiglia di Vasilij Grossman (1905-1964) è ebrea, ed è ucraina, non parla yiddish, ma russo. La formazione di Grossman è la chimica, studia a Mosca e lavora nei primi anni Trenta come ingegnere nel bacino minerario del Donbass. In quegli anni decide di diventare uno scrittore, in russo. Ebreo, ucraino, russo, europeo, Donbass…. dovrebbe già essere scattato un campanello di attenzione nella vostra mente: luoghi e condizione di Grossman hanno a che fare con la crisi che ci affligge da almeno due anni. 

Quando i tedeschi invasero l’Unione Sovietica era il 22 giugno 1941; Grossman si arruolò immediatamente e fu destinato a Stella Rossa, il giornale dell’esercito. Nell’ottobre ’42 fu a lungo a Stalingrado sulla riva destra del Volga, nel cuore cioè della guerriglia sovietica contro i tedeschi. Da questo momento in poi Stalingrado occupa progressivamente il centro della sua scrittura .

Nascono negli stessi anni, tra la metà degli anni ’40 e i primi anni ’60, opere di grande valore: e tra queste c’è un capolavoro: la dilogia di Stalingrado: Vita e destino (sequestrato dal KGB nel 1962), e il suo “prequel”, un romanzo scritto subito dopo la guerra, pubblicato in URSS col titolo Per una giusta causa all’inizio degli anni Cinquanta dopo uno strenuo braccio di ferro con la censura.

Per saperne di più consultate l’enciclopedia Treccani.

VISITATE SU ITALIANACONTEMPORANEA.COM 
LA PAGINA DEDICATA 
ALLA DILOGIA DI STALINGRADO
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