Emozioni “negative”: quando basta un aggettivo per confonderci
Come iniziare un articolo sulle emozioni senza fare i soliti, triti e ritriti, esempi tratti dalla vita quotidiana? La risposta è semplice: facendoci aiutare da Lucy, ovviamente, e dalla simpatia di questa striscia dei Peanuts.
Come la nostra cara Lucy, tutti noi proviamo emozioni. A volte queste sono calme e contenute, altre volte impetuose e incontenibili, possono coglierci all’improvviso o, invece, essere a lungo coltivate, come succede per l’amore.
Ma torniamo alla protagonista della nostra striscia: inizialmente si trova in uno stato emotivo spiacevole, mentre nell’ultima vignetta la vediamo decisamente sollevata, in uno stato d’animo più piacevole. Faccio ora uno sforzo di fantasia: se fossimo in presenza – come siamo soliti dire di questi tempi – mi aspetterei una vostra puntualizzazione: “non si poteva semplicemente dire che prima Lucy provava un’emozione negativa, mentre alla fine una positiva?”. Questa lecita osservazione coglierebbe nel punto la questione di cui voglio trattare oggi: esistono veramente emozioni negative o positive? Proverò a rispondere a questa domanda prendendola alla larga.
Partiamo dalle basi. Cos’è un’emozione? È un’intensa reazione affettiva con insorgenza acuta (quindi rapida e improvvisa) e di breve durata, determinata da uno stimolo ambientale rilevante per gli interessi dell’individuo. Ogni risposta emotiva è caratterizzata da reazioni fisiologiche, cambiamenti espressivi e accompagnata da un’esperienza soggettiva. Le reazioni fisiologiche investono le funzioni vegetative e viscerali, come la circolazione, la respirazione, la digestione e la secrezione, le funzioni motorie, per effetto di un’ipertensione muscolare, e quelle sensoriali. Le modificazioni fisiologiche che seguono uno stimolo saliente hanno la funzione di preparare l’organismo a una eventuale fuga o a un attacco o a qualsiasi altro tipo di risposta all’ambiente. I cambiamenti espressivi riguardano la mimica facciale, la voce e gli atteggiamenti del corpo, come la postura e la gestualità. L’esperienza emotiva soggettiva, invece, si produce quando diventiamo coscienti di questa attivazione corporea.
Nella letteratura psicologica vengono generalmente distinte le emozioni primarie, o di base, dalle emozioni secondarie, o complesse. Le prime sono emozioni fondamentali che non sembrano ulteriormente riconducibili ad altre, mentre le seconde, derivano da quelle di base o nascono dal loro assemblamento. Sono molti gli studi che si sono occupati delle emozioni primarie, giungendo a categorizzazioni convergenti, anche se non concordi. Da questi emerge un generale accordo nel considerare emozioni di base, transculturalmente valide, la paura, la rabbia, il piacere e il dolore (che in alcune concettualizzazioni viene sostituito dalla tristezza); invece, c’è meno accordo sulle altre (interesse, disgusto, stupore, vergogna, amore). In ogni caso sembrano esserci non meno di quattro e non più di otto emozioni di base. In questa sede prenderemo in considerazione la paura, la rabbia, il dolore, il piacere e l’amore, secondo la concettualizzazione fornita della Bonding Psychotherapy*₁. Al di là di questa precisazione, che servirà agli “addetti ai lavori” per comprendere il punto di vista di quest’articolo, la questione di base rimane quella di stabilire se sia possibile suddividere questo cluster di emozioni in positive e negative, dove tra le prime enumeriamo il piacere e l’amore e tra le seconde la paura, la rabbia e il dolore.
Per fare questo è necessario analizzare la funzione delle emozioni: perché le proviamo? A cosa servono? Le emozioni fungono da indicazioni per l’individuo nel rapporto col mondo. Esse seguono una sola logica, alla quale rispondono in modo molto accurato e appropriato, la logica del piacere e del dolore. Infatti, le nostre reazioni emotive sono essenzialmente reazioni alle cose che ci danno piacere o che ci provocano dolore. Le emozioni sono quindi da considerare risposte adattive dell’organismo alle sollecitazioni ambientali, che forniscono indicazioni e predispongono ad affrontare la situazione. In sintesi, ci aiutano a muoverci nel mondo ricercando i piaceri ed evitando i dispiaceri, in un’ottica di preservazione della specie. A tal proposito, Goleman, noto psicologo statunitense, afferma: “le emozioni ci hanno guidato con saggezza nel lungo cammino dell’evoluzione”.
Per capire meglio questa questione prendiamo per esempio qualche tipica situazione quotidiana: la paura ci permette tutti giorni di attraversare la strada incolumi (cosa succederebbe se quest’emozione non ci facesse ogni volta guardare attentamente a destra e a sinistra in cerca di auto in movimento potenzialmente pericolose per la nostra sopravvivenza?), la rabbia ci mostra l’ingiustizia insita nel fatto che ci è appena stata tagliata la strada all’incrocio, rischiando un incidente, e il dolore ci permette di accorgerci immediatamente che la nostra mano sul fuoco rischia di rimediare un grave danno tissutale.
Da questi banali esempi concreti possiamo facilmente capire che le emozioni che, in maniera scorretta, chiamiamo o consideriamo negative sono funzionali alla nostra sopravvivenza e quindi, per noi, estremamente positive, oltre che di fondamentale importanza. Alla luce di queste considerazioni, cade la distinzione tra emozioni positive ed emozioni negative che spesso viene proposta: le emozioni, benché possano anche essere spiacevoli, sono sempre positive in quanto “a servizio” della sopravvivenza e della vita.
Questa dimensione fondante delle emozioni primarie – attenzione al fatto che stiamo parlando nello specifico delle emozioni primarie, non di quelle secondarie o di sentimenti – sta alla base del nostro rapporto col mondo. Imparare a sentirle, riconoscerle ed esprimerle è il fondamento della nostra capacità di relazionarci al mondo, agli eventi e alle altre persone. Questo riguarda anche emozioni come paura, rabbia e dolore, anche se non sempre, soprattutto nelle nostre relazioni, risultano di facile gestione e a volte sembrano addirittura ostacolare i rapporti.
Al termine di questo articolo, vi invitiamo a riflettere su come le emozioni primarie possano essere la chiave di volta nelle nostre relazioni. Inoltre, com’è possibile in questo periodo di difficoltà dovuta al Covid-19 – dove spesso emozioni come paura, rabbia e dolore prevalgono sulle altre – affrontare la drammaticità dell’evento ascoltando i “consigli” che queste hanno da darci? Voi provate a riflettere e, soprattutto, ad ascoltarvi. Nei prossimi articoli, proveremo a sviscerare assieme il senso di queste emozioni, considerate una per una, per comprendere cos’hanno da insegnarci.
Note:
*₁ Metodologia di psicoterapia di gruppo nata negli Stati Uniti negli anni ‘60 a opera dello psichiatra Daniel Casriel. Si tratta di un processo di apprendimento esperienziale basato sulla mobilitazione e l’espressione delle emozioni profonde, che mira allo sviluppo di atteggiamenti positivi verso sé stessi e gli altri.
FONTI
Casriel, D. (1972). A scream away from happiness. New York: Grosset & Dunlap.
Ekman, P., & Friesen, W. V., Ellsworth. P. (1972). Emotion in the human face. New York: Pergamon Press.*
Genuin, A. (2020). Bonding Psychotherapy: valutazione dell’efficacia dei gruppi residenziali.
Galimberti, U. (2018). Nuovo Dizionario di Psicologia. Milano: Feltrinelli.
Goleman, D. (1995). Intelligenza emotiva. Milano: Rizzoli.*
Le Doux, J. (1996). The Emotional Brain. New York: Simon and Schuster.*
Stadtmüeller, G., & Gordon, J. A. (2011). The Biological Correlates of Emotions. International Journal of Psychotherapy, 15(3), 6-24.
Crediti: Photo by Tamara Bellis on Unsplash
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