Perché il cielo è blu? – Cap. 3: L’atmosfera e lo schermo blu del cielo

Tempo di lettura: 7 minuti

Eccoci alla terza e penutlima puntata di questa serie di articoli, iniziata ormai un mese fa. Se hai perso la scorsa puntata, clicca qui! Oggi la protagonista sarà l’atmosfera!

Atmosfera è l’involucro gassoso che avvolge e protegge il nostro pianeta. Si può suddividere in cinque strati principali non nettamente distinti (le caratteristiche di un insieme di gas non possono cambiare con una linea di separazione netta, credo sia comprensibile):

  • troposfera (fino a 12 km di quota): in essa avvengono la maggior parte dei fenomeni meteorologici;
  • stratosfera (da 8-20 a 50 km di quota): detta anche ozonosfera, è il nostro scudo spaziale che assorbe gran parte dei raggi ultravioletti, dannosi per la vita;
  • mesosfera (da 50 a 85 km di quota);
  • termosfera (da 85 a 250 km di quota);
  • esosfera (da 200 a 10.000 km di quota).

Una sesta fascia di particolare importanza si sovrappone a parte delle precedenti, ed è la ionosfera. Si estende da 60 a 1.000 km di quota e in essa avviene la ionizzazione dei gas che la compongono ad opera della radiazione solare e dei raggi cosmici provenienti dallo spazio… in parole povere? Presa una molecola neutra di gas, questa può diventare uno ione (da qui ionizzazione) se perde uno o più elettroni (piccole cariche negative che orbitano intorno al nucleo della molecola come la Luna intorno alla Terra); questo richiede una grande quantità di energia, fornita giustappunto da particelle molto energetiche che vagabondano per lo spazio colpendo anche il nostro pianeta – o meglio, le audaci molecole della ionosfera che si sacrificano e ci proteggono.
La ionosfera ha importantissime proprietà elettriche e, ad esempio, offre uno schermo-ripetitore per la trasmissione di onde radio (sotto determinate condizioni): così due antenne (trasmettitore e ricevente) disposte in punti molto lontani da cui non possono interagire in linea retta a causa della curvatura della superficie terrestre, riescono a comunicare proprio perché le onde radio rimbalzano sulla ionosfera e tornano indietro (piccola digressione, pardon… che darà anche da pensare a qualche terrapiattista).

Di cosa è composta l’atmosfera?

Per la stragrande maggioranza troviamo azoto (78%) e ossigeno (21%), seguiti da briciole di argon (0.6%) e vapore acqueo in quantità variabili, mediamente 0.33% (più generalmente tra lo 0% e il 5-6%); il resto sono parti millesimali o milionesime di CO2, Neon, Elio, Metano, Idrogeno e così via. L’ozono rappresenta solo 0.0364 ppm (parti per milione, ovvero 0.00000364%). 

Dalle stelle alle stalle, come ogni raggio che proviene dal Sole

Senza entrare troppo in tecnicismi e aprire altre parentesi decisamente onerose, il fenomeno dello scattering (in italiano diffusione) avviene solo in determinate condizioni, cioè quando un’onda elettromagnetica colpisce una particella e, condizione essenziale, la sua lunghezza d’onda è molto maggiore della dimensione della particella. Quel “molto maggiore” è naturalmente quantificabile, ma credo che possiamo lasciare questi dettagli ai veri fisici.

Ebbene, per dare un nome a tutti i protagonisti di questa storia, le particelle in questione sono proprio quelle che compongono l’atmosfera, mentre l’onda elettromagnetica è la luce proveniente dal sole. Questa, come ogni tipo di luce, è composta da moltissime lunghezze d’onda, da tanti raggi che vibrano diversamente e che rappresentano i vari colori. A essere precisi – mi perdoneranno i fisici per le semplificazioni a tratti improprie di cui mi sto rendendo protagonista – la luce di ogni stella e fonte luminosa in genere ha i suoi colori assortiti in modo variabile, e ciascuna lunghezza d’onda è originata dalla presenza di determinati gas al suo interno che vibrano emettendo la radiazione elettromagnetica che chiamiamo luce. È così che, grazie ad adeguate strumentazioni, possiamo stabilire con incredibile esattezza la composizione di quelle palle di gas che bruciano nello spazio, anche a distanze inimmaginabili dal nostro sistema planetario. 

Perché solo il blu?

Questa luce quindi, composta dei suoi vari colori con le loro rispettive lunghezze d’onda, arriva all’atmosfera dove incontra una miriade di particelle indisturbate. Abbiamo detto che affinché avvenga la diffusione (scattering) la lunghezza d’onda della radiazione elettromagnetica deve essere molto maggiore della dimensione della particella, ed è proprio il caso della radiazione nel campo della luce visibile e dei gas che compongono l’atmosfera. Per dare un’idea, l’ordine di grandezza di queste due entità fisiche si aggira rispettivamente intorno al decimo di micron e al millesimo di micron. Ma allora se tutta la luce, cioè tutti raggi di diverse lunghezze d’onda che la compongono, ha approssimativamente questa caratteristica, dovrebbe essere interamente diffusa da una particella all’altra e il cielo dovrebbe apparire di un colore tendente al bianco… 

La formula di Rayleigh

In realtà – siamo ormai alla soluzione definitiva – la luce blu è quella che viene diffusa in misura maggiore, mentre anche gli altri colori (ad esempio il verde che ha lambda poco inferiore al blu) subiscono questo fenomeno, ma in misura via via minore a causa della loro lunghezza d’onda più ampia. Lo possiamo capire meglio dalla formula di Rayleigh che descrive il fenomeno dello scattering:

Questa permette di calcolare l’intensità I della radiazione luminosa in funzione di diversi parametri (R, d, θ) tra cui spicca la lunghezza d’onda lambda (λ). Questa grandezza compare al denominatore della formula, ed è elevata alla quarta potenza: perciò, l’intensità della luce diffusa diminuisce molto velocemente all’aumentare della lunghezza d’onda della radiazione che riceviamo dal Sole. Questo è il motivo per cui è proprio il blu, lunghezza d’onda minore nello spettro visibile, ad essere diffuso in misura maggiore e “dare il colore” al cielo, mentre ad esempio il rosso viene diffuso in misura decisamente meno importante. In realtà, per essere precisi fino in fondo, la lunghezza d’onda minore in assoluto nello spettro visibile sarebbe quella appartenente al viola, ma l’occhio umano è poco predisposto a percepire questo colore, preferendo di gran lunga il blu. (Quindi il cielo sarebbe viola eh!)

Dove si forma lo schermo blu del cielo?

Al di là del fatto che solo una quota tra il 15 e il 20% della radiazione solare è interessata dal fenomeno dello scattering, mentre la parte restante prosegue indisturbata verso il suolo terrestre, va fatta un’altra precisazione. Abbiamo già parlato del rapporto tra le dimensioni degli attori del fenomeno che fa apparire blu il cielo, ma non è l’unica condizione fondamentale.

Infatti, lo scattering di Rayleigh avviene – e la sua formula, vista poco fa, trova applicazione – soltanto quando le particelle dell’atmosfera tra loro ad una distanza superiore alla lunghezza d’onda della luce visibile. Questo avviene solo sopra una certa quota dal suolo terrestre, diciamo approssimativamente 100 km, dove l’atmosfera diventa via via più rarefatta. Pertanto, concettualmente, è proprio come se avessimo una sorta di schermo sferico intorno alla Terra che si colora di blu, mentre negli strati più interni dell’atmosfera non avviene la diffusione… quantomeno non secondo la legge di Rayleigh!

Nel prossimo e ultimo articolo di questa serie, entreremo nel merito di alcuni dei fenomeni ottici più spettacolari a cui possiamo assistere sulla Terra, sempre collegati allo scattering in tutte le sue declinazioni. Alla prossima!

FONTI
Le fonti consultate per la stesura di questo articolo sono riportate in coda all’ultima parte della serie di quattro pubblicazioni. 

Crediti: Foto di Daniel Olah su Unsplash

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