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Sostenibilità e resilienza

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Nei trattati e nei vari documenti ufficiali del percorso pluridecennale che, a partire dalla Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente Umano di Stoccolma del 1972, ha portato alla stesura dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, si fa via via più frequente il riferimento allo sviluppo sostenibile, e quindi al tema della sostenibilità. A questo si è andato ad aggiungere, negli ultimi anni, un costante accenno alla resilienza. Ma cosa significano questi termini? Quali valori rappresentano?

La definizione letterale di “sostenibilità” data dal Cambridge Dictionary è “qualità di riuscire a continuare per un periodo di tempo”, quindi restituisce un’idea di qualche cosa che deve potersi protrarre nel tempo senza soluzioni di continuità. È proprio un concetto da applicare al nostro comportamento nei riguardi del pianeta che ci ospita, in quanto, come già si sottolineava nel Rapporto Brundtland pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo (World Commission on Environment and Development, WCED), la specie umana ha la necessità, se non l’obbligo etico e morale, di perseguire la soddisfazione dei propri bisogni senza però mettere a repentaglio la possibilità delle generazioni future di fare altrimenti: il comportamento della generazione attuale deve essere tale da poter essere messo in pratica per decenni o secoli, senza apportare modifiche irreversibili o peggiorative dello stato dell’ambiente e della biodiversità. Applicato all’ambiente, sempre il Cambridge Dictionary propone anche la seguente definizione: “l’idea che beni e servizi dovrebbero essere prodotti in modo da non utilizzare risorse che non possono essere ripristinate e senza danneggiare l’ambiente”.

La definizione letterale di “sostenibilità” data dal Cambridge Dictionary è “qualità di riuscire a continuare per un periodo di tempo”, quindi restituisce un’idea di qualche cosa che deve potersi protrarre nel tempo senza soluzioni di continuità. È proprio un concetto da applicare al nostro comportamento nei riguardi del pianeta che ci ospita, in quanto, come già si sottolineava nel Rapporto Brundtland pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo (World Commission on Environment and Development, WCED), la specie umana ha la necessità, se non l’obbligo etico e morale, di perseguire la soddisfazione dei propri bisogni senza però mettere a repentaglio la possibilità delle generazioni future di fare altrimenti: il comportamento della generazione attuale deve essere tale da poter essere messo in pratica per decenni o secoli, senza apportare modifiche irreversibili o peggiorative dello stato dell’ambiente e della biodiversità. Applicato all’ambiente, sempre il Cambridge Dictionary propone anche la seguente definizione: “l’idea che beni e servizi dovrebbero essere prodotti in modo da non utilizzare risorse che non possono essere ripristinate e senza danneggiare l’ambiente”.

A partire dal 1992, con la Conferenza sull’Ambiente e lo Sviluppo delle Nazioni Unite (United Nations Conference on Environment and Development, UNCED) di Rio de Janeiro, il concetto di sostenibilità diventa sempre più sentito e considerato, mettendo in luce la necessità di estendere il suo campo di influenza ben oltre la sfera ambientale: non si tratta infatti solo di conciliare la vita con il rispetto delle risorse del pianeta e delle altre specie che lo popolano, ma si intuisce velocemente la stretta correlazione che unisce anche la sfera economica e quella sociale. Si distinguono quindi la sostenibilità ambientale, intesa come responsabilità nell’utilizzo delle risorse naturali, la sostenibilità economica, intesa come capacità di generare reddito e lavoro, e la sostenibilità sociale, che unisce sicurezza, salute, giustizia e ricchezza. Mantenere l’equilibrio fra le tre sfere, ambientale, economica e sociale, è la giusta strategia per assicurare all’umanità uno sviluppo sostenibile. Nel percorso verso l’Agenda 2030, anche altri aspetti vengono portati all’attenzione, e così lo sviluppo sostenibile non si trova più soltanto a poggiare su degli elementi neutri come economia e società, ma si individuano delle basi più concrete e dotate di un’accezione positiva: si parlerà quindi, invece che di economia, di sicurezza economica vista come un insieme di prosperità materiale, educazione, lavoro e commercio equo; si parlerà di equità sociale, comprensiva di diritti umani, giustizia e partecipazione, così come di responsabilità ambientale per unire bilanciamento ecologico, uso efficiente delle risorse naturali ed energia rinnovabile, nonché di vitalità culturale. Al di fuori di questi ambiti, a tutto l’insieme si applica sempre più frequentemente il concetto di etica, seppur questo non abbia ancora avuto una definizione e un’applicazione chiara e tangibile per propria natura.

Altro aspetto fondamentale, sempre più sentito e richiamato: la sostenibilità e le azioni per lo sviluppo sostenibile, nella maggior parte dei casi vanno al di là dei confini nazionali, ed interessano intere regioni se non l’intera comunità mondiale, rendendo indispensabile un approccio sempre più coordinato e interconnesso per l’ideazione di strategie comuni che superino la divisione geografica. Un esempio su tutti: l’arretratezza economica e sociale dell’Africa subsahariana è un aspetto che porta con sé una quantità immensa di ripercussioni negative sul percorso verso il raggiungimento dei 17 Sustainable Development Goals (in italiano, Obiettivi di Sviluppo Sostenibile) dell’Agenda 2030; le cause sono da ricercarsi in secoli di sfruttamente di tale regione da parte di Paesi che puntavano esclusivamente al proprio benessere, in un’ottica strettamente nazionalistica. Si tratta, a questo punto, di mettere in pratica azioni di aiuto, o meglio di sostegno, da parte delle potenze mondiali verso le nazioni sottosviluppate, in modo da facilitare il recupero di queste ultime grazie alla comunione di risorse che da sole non potrebbero mettere in campo nelle condizioni attuali.

Entra in gioco infine anche il concetto di impronta ecologica, una definizione che assume sempre più rilevanza mentre i consumi mondiali si muovono ad un ritmo troppo veloce verso l’esaurimento delle risorse non rinnovabili, e la richiesta quelle rinnovabili supera la capacità di rigenerazione autonoma dell’ambiente. Si pensi, ad esempio su scala regionale, al disboscamento per l’approvvigionamento di legname – caso ben diverso da quello della realizzazione di aree coltivabili, che richiederebbe troppo spazio per essere discusso in questo momento – che potrebbe procedere ad un ritmo troppo elevato, senza consentire un sufficientemente rimboschimento prima di procedere ad un nuovo prelievo di legname nella stessa area, oppure alle coltivazioni intensive che, oltre un certo limite di sfruttamento del suolo, finiscono per impoverire il terreno a cui non viene dato il tempo necessario per ripristinare i nutrienti assorbiti dalle piantagioni, o ancora alla pesca che nel Mar Adriatico ha ormai superato il tasso di crescita naturale della popolazione ittica, comportando necessariamente il ricorso all’importazione di pesce e l’introduzione del cosiddetto “fermo pesca” periodico per favorire il ripopolamento. L’impronta ecologica, dicevamo, è una sorta di grandezza che misura il consumo di risorse naturali da parte dell’uomo, presentata nel 1996 da Mathis Wackernagel e William Rees nel loro libro “Our Ecological Footprint: Reducing Human Impact on the Earth”: si tratta, in pratica, di stimare gli ettari di terreno e mare necessari per rigenerare le risorse che stiamo attualmente consumando. Sul sito del Global Footprint Network si possono trovare una miriade di informazioni e dati costantemente aggiornati a questo riguardo; inutile dire che i consumi mondiali sono attualmente ben oltre la biocapacità della Terra. Un interessante impiego dell’impronta ecologica è rappresentato dal calcolo dell’Earth Overshoot Day, il Giorno del Sovrasfruttamento della Terra che indica, di anno in anno, la data in cui i consumi dell’umanità superano la capacità di rigenerazione del pianeta per l’anno solare in corso. Dal 1970 questa data cade entro la fine dell’anno in corso, indicando che i consumi superano la biocapacità, e nel 2020 l’Earth Overshoot Day è stato il 22 agosto. Cioè? Lo scorso anno abbiamo consumato le risorse di 1.6 Terre o, in altre parole, i nostri consumi  del 2020 potrebbero essere compensati ad agosto 2021… se solo non stessimo continuando a consumare risorse allo stesso ritmo.

“Oggi è impossibile fornire uno stile di vita come quello presente nei paesi ricchi a 7 miliardi di abitanti e lo sara’ sempre di piu’ quando saremo 8 e poi 9 miliardi. Se l’umanità dovesse proseguire negli attuali trend di uso e consumo di risorse e sistemi naturali entro il 2050 l’umanità necessiterà dell’equivalente di 2.9 pianeti”

WWF

Il secondo concetto, quello di resilienza, trova sempre più spesso applicazione nel contesto dello sviluppo sostenibile. Il Cambridge Dictionary parla in questo caso “dell’abilità di una sostanza di ritornare nella sua forma dopo essere stata piegata, allungata o compressa”, facendo quindi riferimento ad una capacità di adattamento alle sollecitazioni esterne; in una seconda definizione, ancora più appropriata per l’ambito dello sviluppo sostenibile, si legge: “capacità di ritornare velocemente ad una precedente buona condizione dopo un problema”. Si giunge quindi ad un concetto che unisce capacità di adattamento e possibilità di ripristino di condizioni ottimali anche in presenza di fattori destabilizzanti. In altre parole, si tratta di mitigare l’impatto di eventi imprevedibili sia agendo sulle cause che preparandosi all’evenienza in modo adattivo sulla base delle esperienze passate simili. Si pensi ad esempio ad opere di difesa idraulica come il MoSE di Venezia, ideato e realizzato per salvaguardare il patrimonio della cittadina della laguna veneta dai problemi legati all’andamento delle maree, anche in un’ottica che tiene in considerazione la possibilità dell’innalzamento futuro del livello del mare e del conseguente aumento dei picchi di marea. Il progetto è nato come risposta adattiva a un problema ben noto e ripetitivo, con lo scopo di arginare le conseguenze negative nell’immediato laddove non è possibile, se non su un orizzonte temporale ben più ampio, agire per contenere o fermare l’innalzamento del livello del mare e l’intensità dei venti che contribuiscono ad acutizzare il problema dell’acqua alta, aspetti legati al tema del cambiamento climatico e quindi alla sostenibilità ambientale.

FONTI

PLTpuregreen (2020). Sostenibilità. Retrieved January 21, 2021, from https://www.pltpuregreen.it/sostenibilita/ 

Resilience. (2021). In Cambridge Dictionary. Retrieved January 21, 2021, from https://dictionary.cambridge.org/it/dizionario/inglese/resilience

Sustainability. (2021). In Cambridge Dictionary. Retrieved January 21, 2021, from https://dictionary.cambridge.org/it/dizionario/inglese/sustainability

WWF, (n.d.). Per una trasformazione culturale. Retrieved January 21, 2021, from https://www.wwf.it/il_pianeta/sostenibilita/ 

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