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Nutrizione per le funzioni cognitive, alias mangiare per pensare

Tempo di lettura: 9 minuti

Rubrica del weekend Focus Nutrizione – Episodio 3

Nella scorsa puntata di questa rubrica abbiamo parlato di peso e massa grassa, cercando (e speriamo anche riuscendoci) di fare chiarezza su cosa significhi realmente “dimagrire”. La differenza con la banale perdita peso, come abbiamo potuto vedere, è molto meno sottile di quanto non si tenda a considerarla normalmente. Vi siete sentiti dire persino che si può perdere peso ingrassando! Beh, se queste cose vi suonano nuove, non vi resta che andare a rileggere l’articolo o riguardare il video.

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Iniziamo con i nutrienti

Oggi, invece, vogliamo abbandonare le considerazioni generiche sul benessere fisico e passare ai nutrienti. Ma non parleremo delle solite noiose proteine, dei tanto demonizzati zuccheri e carboidrati, e degli antipatici quanto gustosi grassi. Di questo già si parla tanto, forse anche troppo, e le convinzioni dell’opinione pubblica (che dovrebbe sempre stare un passo indietro rispetto alla scienza) sono piuttosto mutevoli. 

Parleremo invece di qualcosa che, fin da quando ne è stata ipotizzata e poi provata l’esistenza, raramente qualcuno ha messo in dubbio che portasse benefici. Stiamo parlando di qualcosa di molto piccolo, un gruppo di sostanze non a caso dette micronutrienti. Non “micro” perché siano piccolissimi, quanto piuttosto perché sono necessari solo in piccole quantità per la vita degli organismi. 

Poco, ma quanto?

Semplice e chiaro: possiamo tranquillamente mangiare 100 g di pasta, ma non mangeremo mai 100 g di vitamine (che sono micronutrienti). Non avremo mai bisogno di 100 g di magnesio o quattro cucchiai di polifenoli… insomma, tutti questi sono micronutrienti, sostanze che, assunte in quantità anche molto inferiore al grammo, portano grandi benefici.

Anche sull’effetto dei micronutrienti si è parlato e si parla molto. Ognuno di essi può dare benefici per una o più funzioni, e favorire uno o più processi. Questi processi possono essere di svariati tipi: da quelli metabolici per il trasporto di altri nutrienti, a quelli che governano la contrazione muscolare. Oggi, però, vogliamo concentrarci su un altro campo in cui risultano fondamentali: le funzioni cognitive.

Le funzioni cognitive

Cosa si intende con funzioni cognitive? Sono abilità mentali necessarie allo svolgimento di qualsiasi attività, che siano esse semplici o complesse. Le funzioni cognitive possono essere: attenzione, memoria, orientamento, linguaggio, abilità visuo-spaziali, orientamento. Si parla anche delle funzioni esecutive, ancor più complesse: “sono quelle abilità che permettono a un individuo di anticipare, progettare, stabilire obiettivi, attuare progetti finalizzati a uno scopo, e monitorare, e se necessario modificare, il proprio comportamento per adeguarlo a nuove condizioni” (Treccani).

A questo punto, dobbiamo aprire una parentesi sul normale declino delle funzioni cognitive, processo inevitabile ma sicuramente mitigabile. 

Il declino delle funzioni cognitive

Con il passare degli anni, la nostra testa inizia sempre a dare segni di invecchiamento. Magari fatichiamo a trovare la parola giusta per completare una frase, oppure iniziamo a dimenticare le cose: per fortuna si inizia sempre da quelle meno importanti, così come le scritte a matita sbiadiscono prima di quelle a penna. Il tempo passa, il corpo fatica a muoversi come prima, e la mente – in modo analogo – fatica a pensare come prima. Su questo processo di perdita di informazioni possono influire anche altri diversi aspetti.

Attenzione

Il primo – mi direte che è una cosa banale – è il livello di attenzione che prestiamo quando siamo sottoposti ad uno stimolo dal quale dovremmo attingere informazioni. Utilizziamo queste parole vaghe, perché dire “il livello di attenzione che prestiamo quando ascoltiamo una persona” è soltanto uno dei tanti esempi possibili. Anche posare le chiavi di casa in un posto insolito, ad esempio, è un gesto che richiede funzioni cognitive all’erta… altrimenti poi “dove caspita le ho messe?”.
Inutile dire inoltre che il livello di attenzione è strettamente legato al grado di coinvolgimento, specie se torniamo all’esempio dell’ascolto e dell’apprendimento (tema molto caro a noi di DeltaScience! Ricordate la rubrica Studio Ti Studio?).

Malattia, dolore e farmaci

Anche la malattia fisica può influire, in modo diretto o indiretto, sulle funzioni cognitive, e in particolare sulla memoria. Il dolore può essere una causa indiretta: se mi chiudo le dita nella porta di casa, può darsi che dimentichi dove ho posato (o gettato) le chiavi in quell’istante. Altre malattie possono avere conseguenze dirette, specie negli anziani, causando disturbi di memoria. A questo possiamo aggiungere l’effetto peggiorativo di alcuni farmaci.

Stress

Lo stress eccessivo è un altro fattore destabilizzante. Se un livello di stress accettabile può risultare positivo per il continuo processo di miglioramento a cui siamo ipoteticamente chiamati, superare il limite fa male. Lo stress elevato, specie se cronico, può fare danni. Arriva ad accelerare i processi di “invecchiamento cognitivo” visti poco fa, e a limitare la capacità di ragionamento analitico, sia a lungo termine che nel breve periodo. Il rilascio di determinati ormoni, richiamati dalla condizione di stress, può ridurre notevolmente anche la capacità di concentrazione, riportando dunque al problema già citato del livello di attenzione… è un circolo vizioso.

Sonno

Un aspetto molto importante che entra in gioco in tutto questo, e nel circolo vizioso appena descritto, è il sonno. Quantità e qualità scarse sono un fattore destabilizzante, sicuramente peggiorativo dello stato di benessere. Dormire male (o poco, o male e poco) significa iniziare male la giornata, attuare pessimi rimedi che possono diventare pessime abitudini, come bere 10 caffè al giorno per trascinarsi con un minimo di apparente vitalità da un impegno ad un altro. Pessime abitudini, dicevamo, che a loro volta tagliano le gambe al benessere e alla voglia di fare, aumentano la stanchezza, quindi lo stress generale, e si riparte con il girone infernale. 

I toccasana per le funzioni cognitive

Le attività da favorire per rallentare il fisiologico declino cognitivo vanno inserite necessariamente in un contesto di vita sana e attiva. Mantenere allenata la mente con esercizi di memoria o ragionamento aiuta almeno quanto la lettura. 

Si passa poi, per i più curiosi, anche attraverso altre tecniche più delicate. Può trattarsi di meditazione, ma anche di visualizzazione: questa consiste nel collegare un’informazione da ricordare con un’esperienza sensoriale o emotiva. Avete presente quando, pensando ad un luogo che avete visitato, vi sembra di risentire l’emozione del momento vissuto? Questo è il concetto: un’informazione mnemonica, corredata da esperienze sensoriali o emotive, è molto più al sicuro, molto più radicata nella memoria. 

Il chunking

Si può ricorrere anche alle tecniche cosiddette di chunking, che permettono di collegare in maniera strutturata un insieme di piccole informazioni altrimenti frammentate e difficili da gestire nell’insieme. È utilissimo per gli studenti, facilmente attuabile quando si trova un filo logico nei concetti, anche con l’ausilio della pratica.

Attività fisica

Ora vi tocca la solita menata dello stile di vita sano e attivo. L’attività fisica è importantissima. E questo lo si sente dire fin troppo spesso, ma un motivo fondato ci sarà! Beh, l’attività fisica (anche blanda, meglio se moderata) attiva un circolo virtuoso. Innanzitutto favorisce un maggior afflusso di sangue ai tessuti, in primis quelli coinvolti direttamente nell’attività fisica, ma di riflesso anche agli altri, cervello compreso. Ma l’attività fisica fa migliorare la qualità del sonno, quindi partiremo meglio al mattino, con migliori propositi, più voglia di fare, e quindi via con altra attività fisica… circolo virtuoso!

Dieta (occhio al significato di questa parola)

Infine, tornando a noi, arriva la dieta*. Non perché sia l’ultima ruota del carro, anzi, spero ormai di avervi fatto capire che è piuttosto il migliore cavallo da tiro, per questo carro! Con l’attività fisica consumiamo di più, ma possiamo dimagrire anche senza, mangiando correttamente. Allo stesso modo, se siamo così pigri da non voler usare la testa per mantenerla in forma, usiamola almeno per ricordarci di mangiare bene 😉

Ecco allora che entrano in scena i micronutrienti di cui abbiamo parlato in apertura. In letteratura, nei campi della medicina, della nutrizione e della nutraceutica, ormai i più concordano sulla classica dichiarazione: “consumare cibi ricchi di acidi grassi Omega-3 (pesci come salmone, sardine e sgombro; fonti vegetali, come i semi di lino), seguire una dieta mediterranea, ricca di grassi insaturi, e mangiare da 3 a 5 porzioni di frutta e verdura fresca al giorno”.

I micronutrienti per le funzioni cognitive

Sono indicazioni piuttosto generiche, ma che iniziano ad indirizzarci in modo più preciso verso i micronutrienti che ci interessano. Infatti, non si parla solo di “grassi buoni”; vale la pena di ricordare che, nella verdura in particolare, i nutrienti di maggior rilevanza sono proprio i micronutrienti

Una domanda sorge spontanea: tutti i micronutrienti aiutano in misura uguale? Ovviamente no. Le proteine servono prevalentemente per funzioni plastiche (costruire o ri-costruire), mentre grassi e carboidrati sono impiegati quasi esclusivamente a scopo energetico. Allo stesso modo, i vari micronutrienti possono avere effetti più o meno marcati sui vari processi che avvengono nel corpo umano.

A questo punto, ci dobbiamo fermare. Per oggi, abbiamo già parlato abbastanza, ma nella prossima puntata scenderemo ancor più nel dettaglio. Faremo una rassegna dei principali micronutrienti coinvolti nel funzionamento e nel mantenimento delle corrette funzioni cognitive. Piccola anteprima per i più curiosi: parleremo anche di… menta 😉

Appuntamento al 20 aprile!

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FONTI

Funzioni esecutive (2010). In Treccani, Dizionario di Medicina. Consultato il 9 marzo 2023, URL: https://t.ly/-Qmu

Hittner EF, Stephens JE, Turiano NA, Gerstorf D, Lachman ME, Haase CM. Positive affect is associated with less memory decline: evidence from a 9-year longitudinal study. Psychol Sci. 2020;31(11):1386-1395. DOI:10.1177/0956797620953883

Hölzel BK, Carmody J, Vangel M et al. Mindfulness practice leads to increases in regional brain gray matter density. Psychiatry Res. 2011;191(1):36-43. DOI:10.1016/j.pscychresns.2010.08.006

Konovalov A, Krajbich I. Neurocomputational dynamics of sequence learning. Neuron. 2018;98(6):1282-1293.e4. DOI:10.1016/j.neuron.2018.05.013

Lombardi, G. (2019). La naturopatia per memoria, lucidità mentale e funzioni cognitive. Lombardinaturopata.it. Pubblicato il 29 ottobre 2019, consultato il 9 marzo 2023, URL: https://www.lombardinaturopata.it/2019/10/29/la-naturopatia-memoria-lucidita-mentale-funzioni-cognitive/

Park DC, Festini SB. Theories of memory and aging: a look at the past and a glimpse of the future. J Gerontol B Psychol Sci Soc Sci. 2017;72(1): 82-90. DOI:10.1093/geronb/gbw066

Credits: Foto di Sander Sammy su Unsplash

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