La curva dell’oblio

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Rubrica del weekend: Studio ti studio – episodio 1

Ancora nel XIX secolo, il filosofo e psicologo tedesco Hermann Ebbinghaus condusse degli esperimenti su se stesso allo scopo di capire come l’apprendimento potesse essere influenzato dalla ripetizione delle informazioni da ricordare, riducendolo ad un banale esercizio di memoria. Egli realizzò una successione di sillabe senza senso e si pose lo scopo di impararle a memoria, adottando diversi approcci che potevano variare nelle metodologie quanto nei tempi. Alla fine delle sue sperimentazioni, pubblicate nel 1885 nell’opera Über das Gedächtnis (“Sulla memoria”), giunse alla conclusione che la quantità di nuove informazioni che il nostro cervello è in grado di trattenere subisce una drastica contrazione già entro le prime 24 ore, per poi stabilizzarsi su livelli piuttosto bassi nel lungo termine.

Più nello specifico, sempre riconoscendo la variabilità del fenomeno in base alle capacità mnemoniche del singolo soggetto, grazie ai risultati dei suoi esperimenti, formulò una legge teorica per descrivere graficamente la cosiddetta curva dell’oblio su un grafico bidimensionale i cui assi indicano il tempo trascorso a partire dalla ricezione dell’informazione (sulle ascisse) e la percentuale di essa che viene effettivamente trattenuta dal cervello (sulle ordinate). La formula matematica che descrive questa curva ha la forma R=e^(-t/s): R indica concettualmente la facilità con cui riusciamo a riportare a galla una nozione memorizzata (o, analogamente, l’aliquota di informazioni memorizzate rispetto al totale iniziale), e è il numero di Eulero (pari a 2,71828…), t è il tempo trascorso dal momento della ricezione delle informazioni da memorizzare ed s è una grandezza sperimentale che misura la “forza” della nostra memoria.

In termini pratici, Ebbinghaus notò che già dopo soli 20 minuti riusciva a ricordare poco più della metà delle sillabe che aveva provato a memorizzare; dopo 24 ore la percentuale di informazioni trattenute scendeva ancora fino a circa un terzo, mentre già dopo pochissimi giorni (4 o 5 al massimo) l’aliquota si assestava tra il 20 e il 25%: in altre parole, studiare una volta sola un argomento – ammesso che lo si faccia bene – ci consentirà di ricordare al massimo un quarto delle informazioni a lungo termine.

Grazie ai suoi esperimenti, Ebbinghaus constatò anche che ripetere le informazioni acquisite poco tempo dopo, o meglio entro le prime 24 ore, permette di dilatare i tempi della curva dell’oblio, andando praticamente a raddoppiare di volta in volta il valore della grandezza s dell’equazione della curva. Più nello specifico, possiamo approssimativamente dire che i tempi di “perdita della memoria” vengono raddoppiati ad ogni ripetizione: quindi, se dopo 24 ore ho trattenuto il 33% delle informazioni iniziali, un nuovo ripasso mi permetterà di ricadere alla stessa percentuale solo dopo altri due giorni, e trascorse 24 ore dal ripasso avrò ancora in mente circa il 50% delle informazioni… una bella differenza, non trovi? Di questo passo, anche solo andando a ripassare quando la memoria cade al 33%, raddoppiando di volta in volta i tempi, al quinto ripasso impiegheremo 32 giorni anziché 1 a dimenticare il 67% delle informazioni, e il giorno dopo il quinto ripasso ricorderemo addirittura circa il 95% delle nozioni

Tutto questo sta alla base del consiglio di ripassare le nuove nozioni entro sera o il giorno successivo al massimo che spesso viene dato agli studenti, e ci spiega anche in modo molto chiaro perché studiare tutto d’un fiato appena prima di un esame si rivela poco efficace o, al contrario, ci fa capire perché chi ripete costantemente per anni e anni gli stessi argomenti – come i docenti – ricorda pressoché tutto quello ha studiato in merito e difficilmente perde informazioni per strada. Questi concetti stanno alla base delle tecniche di ripetizione dilazionata, spesso applicate all’apprendimento di grandi quantità di vocaboli di lingue straniere e, per non perdere mai la connessione con la vita di tutti i giorni, ci spiegano anche perché dopo aver sentito una canzone ogni giorno per un’estate intera, ricordiamo incredibilmente al primo accenno il ritornello anche a distanza di decenni, senza sbagliare una nota o una sillaba.

FONTI

Ebbinghaus, Hermann. In Enciclopedia Treccani. Consultato il 9 settembre 2021, URL: https://www.treccani.it/enciclopedia/hermann-ebbinghaus/

Ebbinghaus, Hermann (1885). Memory: a contribution to experimental psychology. Ed. Green, D. Christopher. Consultato il 9 settembre 2021, URL: https://web.archive.org/web/20051219184857/http://psy.ed.asu.edu/~classics/Ebbinghaus/memory7.htm

Sannino, G. (2021). Che cos’è la curva dell’oblio e perché può aiutarci a ricordare più informazioni. MGMT Magazine. Consultato il 9 settembre 2021, URL: https://mgmtmagazine.com/che-cose-la-curva-delloblio-e-perche-puo-aiutarci-a-ricordare-piu-informazioni-13111213/

Sonnad, N. (2018). You probably wont’ remember this, but the “forgetting curve” thoery explains why learning is hard. Consultato il 9 settembre 2021, URL: https://qz.com/1213768/the-forgetting-curve-explains-why-humans-struggle-to-memorize/

Credits: Photo by Aaron Burden on Unsplash

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