Il metodo Waldorf-Steiner

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Rudolf Joseph Lorenz Steiner nacque a Kraljevic, nell’attuale Croazia, il 27 febbraio 1861. Durante il corso della sua vita, si interessò di moltissimi argomenti, e si espresse a riguardo di questioni in svariati campi, tra i quali filosofia, sociologia, antropologia, economia e musicologia, ma ha lasciato la sua impronta più importante nei panni di esoterista e teosofo, grazie alla formulazione della sua teoria dell’antroposofia. Questa è una dottrina che concepisce la realtà universale come una manifestazione spirituale in continua evoluzione, osservabile e comprensibile tramite l’anima in una maniera simile alla chiaroveggenza. L’antroposofia, in senso stretto, è la “scienza dello spirito” che consente di studiare la realtà, sia nella sua dimensione fisica che in quella non tangibile. Si tratta però, come affermava Steiner stesso, di una scienza più completa, che utilizza il metodo scientifico per raggiungere anche il mondo spirituale: a causa di questo sconfinamento al di fuori dei fenomeni tangibili, le sue teorie verranno, e sono tutt’ora, definite pseudoscientifiche, in quanto violano i principi fondamentali del vero metodo scientifico, di cui abbiamo ampiamente discusso nel nostro articolo “Il metodo scientifico: l’evidenza che nasce dal dubbio”. Sulla base di questo pensiero, Steiner formulò altre teorie oggi note e marginalmente utilizzate come la medicina alternativa (o medicina antroposofica), l’agricoltura biodinamica e la ben più nota pedagogia Waldorf.

Nel 1919 infatti, il direttore della fabbrica di sigarette tedesca Waldorf Astoria, Emil Molt (1876-1936), richiese la realizzazione di un’istituzione scolastica per i figli degli operai della sua fabbrica, e vi mise a capo proprio Rudolf Steiner. L’approccio che propose, il quale prese il nome dell’azienda di sigarette, si fondava sulla fondamentale necessità di stimolare nei bambini le tre principali vie di espressione che caratterizzano l’essere umano, ovvero le facoltà cognitivo-intellettuali (che si esplicano sottoforma di pensiero), quelle creativo-artistiche (determinate dai sentimenti, veicolate dall’anima) e le pratico-artigianali (espresse sotto forma di volontà, prerogativa specifica del corpo). Questo si traduce, nella pratica, in un continuo stimolo del bambino-ragazzo-studente, che nel sistema rappresentato dai suoi coetanei, dal docente e dall’ambiente di apprendimento, può sperimentare e apprendere in maniera più libera e meno schematica, mettendo al centro immaginazione e creatività.

I principi fondamentali del metodo Steiner partono dal concetto di antropologia evolutiva, che sottolinea la necessità di concentrarsi sullo sviluppo soggettivo dell’allievo – a cui il docente dovrà sapersi adattare, di volta in volta -, che saprà poi orientarsi autonomamente nel mondo degli adulti, piuttosto che preoccuparsi anzitempo del futuro professionale finendo per muoversi, anche inconsapevolmente, verso percorsi prestabiliti: si antepone sempre, quindi, lo sviluppo soggettivo della persona alla formazione della mera risorsa umana per il mondo professionale. Seguono poi le materie artistiche, creative, artigianali e i momenti ludici, che devono stimolare la sfera cognitivo-intellettuale dell’allievo, strettamente correlate con le attività manuali e i laboratori artistici. L’apprendimento attraverso le immagini stimolerà invece la capacità di rappresentazione, mentre l’utilizzo ricorrente delle fiabe aiuterà ancora la fantasia e le emozioni. L’intero metodo steineriano si basa inoltre sulla pedagogia curativa, che ha lo scopo di sostenere l’allievo a superare gli ostacoli che incontrerà inevitabilmente sul proprio cammino, ma anche sull’emulazione e la sperimentazione, fondamentali soprattutto nei primissimi anni di vita.

L’età infatti è l’elemento che scandisce il percorso di apprendimento del metodo Steiner: i giovani frequentano la scuola con i propri coetanei, quindi divisi in classi come nel sistema scolastico tradizionale, ma si suddividono in tre grandi gruppi, da 0 a 7 anni, da 7 a 14 anni e da 14 a 21 anni. Nel primo settennio il bambino sviluppa la capacità di stare in posizione eretta e di camminare, la parola e la facoltà di esprimersi: è in questo periodo che risulta fondamentale anzitutto l’aspetto dell’emulazione sia nel contesto scolastico che in quello casalingo e familiare, dove il bambino osserva gli adulti e vuole sperimentare di persona ciò che vede fare agli altri; si tratta della fase in cui si trova più libero in assoluto e può approcciarsi liberamente con il mondo esterno, ancora così sconosciuto. Nel secondo settennio si introducono i primi veri e propri insegnamenti, i primi contatti con la lettura, la scrittura, la matematica e così via, in programmi sempre basati sul ritmo e sull’arte portati avanti sempre dallo stesso insegnante, che accompagna i suoi allievi dal primo all’ultimo anno del settennio così da potersi interfacciare al meglio con le singole soggettività della classe. L’ultimo settennio è quello in cui i ragazzi sviluppano i propri interessi che li porteranno autonomamente nel mondo degli adulti e del lavoro, quindi si introdurranno insegnamenti via via più pratici e mirati a fornire informazioni sul mondo del lavoro e nutrire l’interesse per l’ambiente e il mondo circostante; in questo caso i docenti delle varie materie si alternano necessariamente, per poter istruire più completamente gli studenti.

L’insegnamento delle varie materie, dal secondo settennio, si articola nelle cosiddette “epoche”, ovvero periodi di 4 o 5 settimane in cui si affronta lo studio di una singola materia, per poi passare ad un’epoca e una materia diversa. Questo è l’insegnamento della materia principale, che occupa le prime ore della giornata, mentre di seguito si affrontano altre discipline come le lingue straniere e altre attività di carattere più pratico, come musica, ginnastica, lavoro manuale, lezioni d’arte e artigianato e anche pratiche più specifiche per le classi più avanzate, come insegnamenti di ceramica, rilegatura, meccanica e così via. Inoltre, non è previsto l’utilizzo di voti per valutare il livello di apprendimento dello studente, in quanto l’educazione all’interno delle scuole Waldorf vuole essere di tipo organico, e non accetta il rendimento come criterio distintivo. Fino alla fine del secondo settennio non vengono date valutazioni di fine anno, ma si redige solamente una pagella che riporta il metodo di studio e il carattere dello studente.

Sembra appropriato concludere con quello che è il pensiero dello stesso Steiner, che è il manifesto dei quasi 1200 istituti nel mondo che oggi applicano il suo metodo:

«Quando uno studente lavora come un bufalo per prepararsi a un esame, accoglie in sé molte cose che non lo interessano affatto. Se si limitasse a studiare solo quello che lo interessa, il minimo che gli succederebbe, nelle condizioni odierne, sarebbe di non essere promosso all’esame. La conseguenza è che questo studio intensivo in vista di un esame disturba il sonno, porta un disordine nell’esistenza umana abituale. Si deve prestare molta attenzione a ciò, in special modo nei bambini. Il meglio di tutto, per i bambini, […] si avrà se si tralascerà completamente quell’apprendimento forzato di nozioni che precede gli esami, se cioè si sopprimeranno gli esami stessi e si lascerà che l’anno scolastico termini come è cominciato. Il maestro dovrà chiedersi: a che scopo il bambino deve venir esaminato? Io l’ho sempre avuto davanti agli occhi, e so benissimo quello ch’egli sa o non sa.»

Rudolf Steiner

FONTI

Brancaleone, M. (2019). Metodo Steiner: i principi di un approccio educativo. Scuola360. Retrieved February 7, 2021, from http://www.scuola360gradi.it/Metodo-Steiner-i-principi-di-un-approccio-educativo

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Fiorillo, M. (2000). Arte dell’educazione. Conferenze del 1919, vol. I, Antropologia, pag. 192. Milano, Editrice Antroposofica.

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Università Cusano (2020). Cos’è il metodo Steiner? Definizione e caratteristiche. Studiare a Foggia. Retrieved February 7, 2021, from https://foggia.unicusano.it/universita/metodo-steiner/

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