La Traviata di Giuseppe Verdi per la regia di Ferzan Ozpetek

Maria Cristina Serio

Mi chiamo Maria Cristina Serio e mi sono laureata da pochissimo in Archeologia, Storia delle Arti e Scienze del Patrimonio Culturale (curriculum Cinema, Musica e Spettacolo) presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II con una tesi su “La Traviata di Giuseppe Verdi per la regia di Ferzan Ozpetek” nell’anno accademico 2021/2022.

Nella mia vita, sin da bambina, ho avuto un rapporto molto speciale con la musica classica, la cui aria si respirava spesso nella mia casa. Studio pianoforte classico e a tal riguardo mi sono sentita molto emozionata nel constatare la possibilità di scegliere una tesi di laurea che mi permettesse di approfondire lo straordinario mondo della lirica. Sono stata, infatti un’assidua frequentatrice del Teatro San Carlo di Napoli e La Traviata è un′opera che porto nel cuore. La musica è sempre stata la mia vita, in qualsiasi forma e poter esprimere un pezzetto di questo mondo attraverso un mio elaborato universitario è stato molto commovente.  

La tesi

Avviandomi alla ricerca del materiale per questa stesura, relativa alla rappresentazione teatrale de La Traviata con la regia di Ferzan Ozpetek, mi sono chiesta perché un regista moderno e oltretutto di origine orientale avesse trovato tanto coinvolgente un’opera così lontana da lui. A questo punto si è resa necessaria  una focalizzazione sulle personalità di Giuseppe Verdi e Ferzan Ozpetek prima di procedere, più nello specifico, ad esaminare la regia dell’opera lirica in questione. 

Verdi si può definire “il musicista della Vita”. Egli, infatti, è capace di trattare con la musica ogni tipo di sentimento e di mettere a nudo la nostra anima trasmettendo emozioni forti, ma senza mai stravolgere, anzi facendo sempre sentire la sua vicinanza. 

La sua stessa vita è contraddistinta da un’amarezza continua, da un sorriso amaro e tuttavia egli mostra a volte un fare scherzoso, anche se nello stesso tempo dice addio a tutto con i suoi personaggi più tristi. Inoltre, la volontà di essere vicino al popolo lo porta ad essere attratto dalla drammaturgia europea e l’intento di dare un insegnamento lo induce a studiare continuamente la psicologia della mente umana. 

Il regista Opzetek è attratto da Verdi proprio per tale attenzione al vissuto umano ed al carattere dei personaggi e come si sia accostato in particolare a La Traviata subendone il fascino, anche perché convinto che la musica, al pari del cinema, fosse in grado di trasmettere il profondo insegnamento che la tragedia portava in sé. 

In effetti nel percorso di quest’opera si ritrova la visuale di entrambi, il compositore ed il regista: la protagonista Violetta, dotata di un’umanità profonda, nonostante la tragedia che vive, un po’ alla volta arriva a scoprire il senso della vita nell′amore donato, prima che ricevuto. L’amore e la morte in quest’opera vanno di pari passo, la morte è intesa non solo fisica ma anche interiore, poiché la nostra eroina da morta nel cuore, come viene rappresentata nel primo atto, si mostra viva per amore, nel susseguirsi della sua vicenda. C’è un inno di speranza in tutto ciò perchè la storia di Violetta può diventare la storia di chiunque e chiunque può percorrere un cammino nella riscoperta dell’amore e di se stesso.

Nell’opera si osserva, poi, come la diversa provenienza culturale e, naturalmente, la diversa esperienza di vita e il diverso percorso artistico di Verdi e di Ozpetek abbiano inciso sulla prospettiva della messa in scena dell’opera lirica, che nelle due realizzazioni effettuate dal regista, nel 2012 e nel 2022, risente delle sue origini orientali nonché della sua formazione in ambito cinematografico, pur se dal punto di vista musicale resta assai fedele alle indicazioni del compositore. E’ evidenziato, infatti, come il regista, nel rispetto delle stesse, abbia posto la massima attenzione alla definizione di molti dettagli ed abbia curato personalmente l’interpretazione dei cantanti, invitandoli ad esprimersi anche attraverso la mimica ed i gesti.

Ne è risultato un confronto assai produttivo: la trasposizione temporale operata dal regista, con riferimento a Proust ed alla società dei primi anni ’20 del Novecento, esprime la volontà del regista di ambientare il dramma in un momento storico che gli consentisse un più agevole accostamento tra le due culture, occidentale ed orientale, per certe mode che ai primi del ‘900 tendevano appunto al gusto dei decori orientaleggianti. Inoltre, la mescolanza di stili presenti nella scenografia, pur se ridondante, è un interessante corrispettivo della mescolanza di generi musicali operata da Verdi stesso e, forse, il disagio che può generare è utile a farci comprendere il disagio provato a suo tempo dal pubblico verdiano poco avvezzo alle novità operate dal compositore in questa opera.

Infine l’utilizzo di diversi espedienti scenografici, adatti ad un pubblico che ha ormai una diversa percezione dello spettacolo e della musica stessa, valgono a confermare la straordinaria attualità della tragedia musicale di Verdi che continua a rivelarsi capace di esprimere la denuncia di un certo tipo di società ancor oggi chiusa in se stessa, prigioniera dei pregiudizi e cieca davanti al cambiamento dovuto all’inevitabile evoluzione dei tempi.

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Maria Cristina Serio

Credits: Riproduzione della copertina del DVD de La Traviata di Ferzan Ozpetek fornita dall’autrice della presentazione


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