No Sleep Till Shengal
UN ALTRO ESEMPIO DI GRAPHIC NOVEL
Vi è antipatico il gergo romanesco? Anche a me! Vi disturba il parlare intercalato da parole scurrili, sempre le stesse come se non ce ne fossero altre? Anche a me. Ma se superate questo inizio difficile, in salita, se riuscite ad acquistare il respiro che No Sleep Till Shengal richiede al lettore, beh … vi troverete davanti ad una storia di consistente spessore, ad un racconto molto abile nel trascorrere dal passato al presente, ad un narratore dalla personalità complessa. Infine, non ultimo pregio è il pudore di questo narratore sboccato nell’affrontare lo strazio di tutto un popolo, e sopratutto delle sue donne. Sicché, animo! ne vale la pena.
No Sleep Till Shengal è un diario di viaggio, autobiografico di Zerocalcare. Ha la forma del graphic novel che abbiamo già preso in esame per il contenuto di divulgazione scientifica. (Erwyn e la pulce fotonica, Neurocomic). No Sleep Till Shengal di Zerocalcare è invece un racconto vero e proprio, ma non è fiction. È vicino piuttosto al reportage giornalistico. Insomma il gusto per la mescolanza di generi diversi, per la creolizzazione, è il tratto peculiare proprio del graphic novel.
Da Roma il protagonista raggiunge l’estremo nord dell’Iraq, al confine con la Siria, vicinissimo ai confini della Turchia. Un lembo di mondo abitato da un popolo che in arabo ha nome yazidi e in curdo ezidi. È un piccolissimo popolo, decimato da continue violenze e razzie, perché i suoi vicini non ammettono la sua esistenza: gli ezidi sono “diversi”.
Non sono siriani, non sono turchi, non sono nemmeno propriamente curdi: sono ezidi. Non sono mussulmani. Praticano una religione loro propria: credono in un Dio sommo e ineffabile che è in relazione con il mondo attraverso sette angeli creatori, sue emanazioni. Il primo in dignità è l’angelo Pavone, adorato per la sua natura buona e la sua potenza di creatore. Ma poiché quest’angelo Pavone è decaduto dal cielo, e siccome cristiani e mussulmani considerano l’angelo caduto come principe del Male, ecco che gli ezidi, sono detti “adoratori del diavolo”.
Insomma, vecchie storie superstiziose che andrebbero considerate per quello che sono, folklore. E non fondamento di un’identità per gli uni – i meno – e di persecuzione per gli altri – i più. Proprio questa mancanza di saggezza (e di razionalità!) nei confronti di un mondo passato porta dritto alle stragi di ieri e di oggi. Porta agli orribili crimini contro l’umanità che il viaggio di Zerocalcare denuncia in questo graphic novel che s’ intitola No Sleep Till Shengal.
Il viaggio è realmente avvenuto tra la primavera e l’estate 2021, la pubblicazione del racconto avviene in questi giorni di ottobre 2022, nel momento più pesante della progressione verso una guerra catastrofica iniziata in febbraio con l’attacco russo all’Ucraina. Perché raccontare dunque in un momento come questo una guerra “dimenticata”? Intanto nessuna sofferenza che gli esseri umani infliggono ad altri esseri umani deve sfuggire alla nostra coscienza, perché ci interessa tutto ciò che riguarda l’umano. Poi è sempre apprezzabile lo sforzo di chi cammina su un sentiero poco battuto, che non pensa e dice quello che pensano e dicono tutti, sebbene sia ovvio che la disgrazia di chi ti è più vicino ti riguarda più da vicino.
Infine, la guerra russa contro l’Ucraina ha causato anche la domanda di ammissione all’alleanza atlantica di Finlandia e Svezia. Ma il loro ingresso nella Nato può avvenire solo all’unanimità. E la Turchia, che della Nato è membro, subordina il proprio consenso alla fine di ogni appoggio ai curdi. Che ne sarà allora di questo popolo? e degli ezidi, minoranza di una minoranza? Questa la preoccupazione che è alla base della vicenda narrata da Zerocalcare in No Sleep Till Shengal.
La politica è spessissimo ingiusta, come la vita. Però questa storia dice: nessuno dimentica niente, quando si tratta di guerra! Il dolore degli uni è il dolore degli altri. E raccontare la guerra nel suo caos di luridume trapuntato d’orrore, si deve!
Previously
Non è la prima volta che Zerocalcare si occupa dei curdi: nel 2016 col reportage Kobane Calling raccontò Kobane assediata dall’Isis, raccontò e, per inciso, ebbe un successo di vendite senza precedenti in Italia!
In Kobane Calling gli ezidi sono nominati tra i popoli che combattono i fondamentalisti islamici: curdi, assiri, turkmeni, cristiani. «Ammetto – dice Zerocalcare – li ho approfonditi poco perché erano un botto».
E aggiunge un inserto straniante: una metafora degli ezidi: i due leocorni, quelli della filastrocca per i bambini. È un esempio del suo stile di racconto: prende le distanze dall’emozione. Evidentemente Cartesio lo protegge! Cartesio, come l’armadillo, torna spesso in questa storia: è la proiezione della coscienza del viaggiatore che non può fare a meno di chiedersi che cosa sia venuto a fare nel nord dell’Iraq.
Istanze democratiche
Perché dunque raccontare un popolo sconosciuto come gli ezidi, pochi, ma dai numerosi nemici? Perché gli ezidi, vittime del genocidio perpetrato dall’Isis, hanno deciso che la loro società deve fondarsi sull’autogoverno, l’autodifesa, la parità tra uomini e donne, e (finalmente!) la convivenza tra i popoli.
Il tema della della convivenza tra popoli diversi sembra ovvio, ma non lo è per niente: in Ucraina, dicono i russi, i russi non possono vivere in pace, perciò è giusto conquistare e annettere alla Russia le zone che essi abitano, come il Donbass, e anche tutta l’Ucraina che non esiste perché è Russia.
In Italia negli anni Cinquanta abbiamo avuto i profughi giuliani, perché, stabilito che la costa dalmata è jugoslava, allora gli italiani lì non possono vivere. E negli anni Settanta è stato il caso dei profughi dalla Libia. Le cause sono da ricercare nel nostro passato coloniale e oppressore? Certo, anche. Ma è al futuro che dovremmo guardare. Non si tratta, è ovvio, di scordare il passato, di prendere le parti di questo o di quello, di giustificare o sostenere le ragioni degli uni o degli altri, è piuttosto la riflessione che agli odi va messo un argine, che, se la caratteristica dell’odio è il perpetuarsi, allora questo processo malefico deve finire!
Comunque, tornando agli ezidi, le loro istanze democratiche non vanno bene né all’Iraq che non vuole autonomie sul suo territorio, né alla Turchia perché gli ezidi sono amici dei curdi e dunque vanno annientati, né a Barzani, il presidente del Kurdistan iracheno perché deve assecondare la Turchia. Così questi tre attori Iraq, Turchia, Kurdistan, hanno stretto un accordo nel 2020 perché sia posta fine all’autonomia di Shengal, territorio degli ezidi. Ovviamente senza sentire gli ezidi! Come quando Francia e Inghilterra trattarono con Hitler l’annessione alla Germania dei Sudeti, parte della Cecoslovacchia, senza sentire la Cecoslovacchia! E come la Russia pensa di fare oggi: vuole negoziare la pace con gli USA, l’Ucraina essendo a loro dire una marionetta di Washington.
Ora il centro curdo di Roma propone a Zerocalcare di visitare Shengal. Non sarà un fumetto a cambiare il mondo, ma il mondo degli ezidi, come il mondo di qualunque popolo, purché non sia aggressivo o impositivo sugli individui, deve essere rispettato, anche se adorano un dio a forma di pavone, vietano i matrimoni misti e le conversioni!
Il gusto della battuta
Il viaggio di Zerocalcare è dapprima un largo giro da Roma fino a Suleymanya, in Iraq, passando per Dubai per evitare la Turchia. In No Sleep Till Shengal due sono i compagni di viaggio: Robjn, già in Kobane Calling, che è l’unica a parlare curdo, e Manolo, documentarista: «persona affidabile, di buon senso, una sicurezza». Ed ecco un esempio della celebrata ironia di Zerocalcare.
Ma ironia non è, è piuttosto prontezza della battuta, senso del tempo comico.
Poi a Suleymanya il terzetto incontra un’altra delegazione italiana l’associazione “Verso il Kurdistan”. «Ma so’ vecchi», «Sono una banda de anziani», «È tipo la gita della parrocchia a San Giovanni Rotondo», «Sicuro sul pullman mi vendono le pentole». Così esclama il giovane Zerocalcare! (al secolo, Michele Rech, che comunque di anni ne ha quaranta, essendo nato nel 1983). Attenua la battutaccia con una didascalia: «Ora, un persona gretta e irrispettosa avrebbe reagito così», e dedica un’altra vignetta a dire le benemerenze di questi anziani che da anni sostengono i curdi e ora stanno per consegnare loro una somma destinata ad un nuovo ospedale. Però si forma la macchina dei giovani e quella dei vecchi. E più tardi in viaggio, fermi ad un posto di blocco, Robjn contrariata perché s’era raccomandata di non nominare mai Shengal, dice rabbiosa :«I vecchi so’ tutti così. Fanno come cazzo je pare».
Pope strikes back
Suleymanya dista da Shengal cinque ore di auto, ma i nostri eroi ci mettono tre giorni. Al primo posto di blocco, il tentativo di farsi passare per turisti (!) non attacca. Devono tornare indietro. Ritentano la mattina dopo ad un altro varco. Passano, ma poi sono di nuovo fermi nei pressi di Mosul. Perdono alcune ore. Tuttavia per fortuna, in quanto cristiani, interviene il capo del posto di blocco, un signore che pare un venditore di Tecnocasa, commento di Zerocalcare. Questi permette il passaggio dei nostri eroi, perché ha apprezzato molto gli interventi di papa Francesco sui curdi, il che gli vale l’epiteto di “papa boy”! Shengal ormai è vicina. I nostri viaggiatori telefonano: «Shengal here we come!» Preparate da mangiare.
«Seh. “Shengal here we come”. Un cazzo fritto e panato». Un’elegante battuta, tipica dello stile di Zerocalcare in No Sleep Till Shengal. Poco prima dell’arrivo, ad un altro posto di blocco, la faccenda si fa pericolosa. I miliziani sono sciiti legati all’Iran. La trattativa che si protrae per ore non produce il risultato sperato. Si torna indietro a Mosul. Il capo del posto di blocco, il “papa boy”, è indignato, perché, dice, qui comanda lui! Insomma è chiaro che la situazione è ingarbugliata e molto pericolosa. Nella vignetta Cartesio mette in guardia Zerocalcare: «Ti rendi conto che vi state infilando in una faida tra apparati iracheni di cui non sai nulla»?
La risposta, ancora una volta, è nello stile straniato di Zerocalcare. La didascalia ha le parole e il tono dell’uomo dalla schiena dritta: «Mi dispiace Cartesio, ma ci sono momenti in cui il destino irrompe nella vita e travolge ogni dubbio». La vignetta invece ha le parole e il tono dell’omino debole e furbo (o che crede di esserlo). Cerca di insinuare la collera nel “papa boy”. «Guardi, io l’ho sentito dire che non riconosce al sua autorità. E che lei c’ha il cazzetto». E aggiunge: «mi pareva giusto informarla». Il “papa boy” effettivamente s’infuria e si offre di scortare personalmente il gruppo. La mattina dopo però (terzo giorno) non è lui ad accompagnare gli italiani, ma un tale che somiglia a Giancarlo Giannini, e che ha presto la meglio sui miliziani sciiti.
Proprio la vicenda “Giannini” giustifica il titolo di questo capitolo: “Pope strikes back”! è un titolo molto divertente per l’eco che si porta dietro. Star wars, ovviamente, riecheggiando Empire strikes back. Anche il titolo stesso del racconto No Sleep Till Shengal, riecheggia il brano dei Beastie Boys No Sleep Till Brooklyn. Anche questa è una caratteristica del comico di questo testo: usare espressioni nate in altri contesti e riutilizzarle alterandone il senso.
Tornando alla storia, il tripudio dei nostri viaggiatori ben presto volge allo sconforto quando “Giancarlo Giannini” si svela come agente dei servizi segreti di Baghdad, incaricato di andare a Shengal con gli italiani perché vuol sapere «chi siamo, chi incontriamo e cosa ci diciamo». E di nuovo Cartesio commenta sarcastico: «Ti ricordi il tuo entusiasmo»? e riporta insieme ai cuoricini, ai “w le guardie buone”, a “papa TVB”, i giudizi dell’entusiasmo: «Ah, che gentile ci aiuta»! – «Menomale che c’era il papa» – «Siamo stati proprio fortunati a incontrare quel funzionario coraggioso» – «Gli avremo fatto simpatia» – «Siccome siamo furbi sfruttiamo le loro faide»
Infine, sia pure con l’ansia di essere sotto diretta osservazione dei servizi segreti, si giunge a destinazione: Shengal! E finalmente – siamo a pag.95 – il racconto affronta il suo nucleo più importante e più doloroso.
Shengal. Tavole nere
In realtà Shengal compare nel racconto fin dalle prime pagine. Shengal è lo spettro luttuoso che si aggira tra le parole di Zerocalcare in No Sleep Till Shengal. Sono tavole brevi e sparse dapprima nel racconto avventuroso del viaggio, poi negli incontri e nel confronto con gli ezidi nel loro territorio. Si instaura così una andirivieni tra passato e presente molto abile e di grande effetto. Per distinguere il passato dal presente, il disegno passa dallo sfondo bianco del presente, allo sfondo nero del passato.
Fiducia. Le prime vignette a sfondo nero compaiono quando il protagonista sta per partire (pagg. 25-26). La voce narrante è di una ragazzina. Tutti nel villaggio hanno paura perché gli uomini dell'Isis si avvicinano. I curdi di Barzani promettono la loro protezione; gli ezidi si fidano, e commettono l'errore fatale: consegnano le armi. È la sera del 2 agosto 2014.
Knok Knok. Molte pagine dopo (pagg.48-49) - dopo il primo incontro col "papa boy" - un altro flash nero: "Knok Knok". «Quando ho sentito bussare così, ho già capito» prosegue la voce di ragazza. Si scopre che i peshmerga (quelli di Barzani) se la son data a gambe e hanno lasciato indifeso il villaggio. «Prendi le bambine», urla il padre alla madre della ragazzetta che narra.
Non c'è titolo qui. È l'orrore. Ancora molte pagine dopo (pagg.88-90) - dopo l'incontro con l'agente dei servizi segreti di Baghdad - l'orrore. Prosegue la voce narrante: «Dopo averci diviso, hanno ammassato tutti gli uomini contro un muro. Urlavano. Li colpivano. Finché non ho sentito le raffiche. L'hanno fatto davanti a noi. Per terrorizzarci. Per paralizzarci. Quando hanno cominciato a portar via le bambine, mia madre ha preso una decisione. «Meglio morire che finire in mano loro». Fuga. Sono così tante che non tutte sono riprese. Ma sentono le grida di quelle che hanno avuto meno fortuna. Vanno verso le montagne. Molti sono morti nel cammino, di sete e di fame.
passato e presente
Dopo le tre pagine della strage (unico caso in cui le pagine nere son tre invece che due), l’intreccio di passato e presente si fa stretto perché sono le sofferenze inaudite del passato a generare le istanze politiche del presente.
Anzitutto gli ezidi precisano che non vogliono la secessione dall’Iraq: di qui la presenza costante delle bandiere irachene e l’accoglienza composta dell’agente dei servizi di Baghdad e del suo tirapiedi.
Secondo: il PKK, che i Turchi considerano organizzazione terroristica e reprimono duramente, non sono nel territorio degli ezidi da quattro anni. Però gli ezidi sono grati al PKK a cui devono la salvezza dal massacro dell’agosto 2014 e la riconquista di Shengal. Del PKK gli ezidi adottano inoltre il “paradigma Ocalan” (sarebbe come dire per noi “l’agenda Draghi”; Ocalan è il capo del PKK). Chi accusa gli ezidi di ospitare il PKK lo fa per avere il pretesto di attaccare l’autonomia che gli ezidi praticano.
Terzo: in cosa consiste l’autonomia lo spiega Suham una donna minuta e gentile sui cui occhi grava un’ombra scura che è il segno del trauma patito. È da qui che nasce l’idea del riscatto femminile: le donne devono essere libere, devono potersi istruire e lavorare, hanno diritto ad organizzare l’autodifesa e dunque a usare le armi. I titolari di ogni carica pubblica sono sempre due, un uomo e una donna.
L’accordo politico del 2020 tra Turchia e Iraq e Barzani spazza via tutto questo, e riporta al potere gli stessi che nel 2014 sono scappati, lasciando perpetrare il massacro degli ezidi. Ma gli ezidi non possono dimenticare, visitando un cimitero un gruppo di donne dice che l’autonomia è stata pagata col sangue dei loro figli e delle loro figlie, e «finché la madre di un martire sarà viva, non ce la porteranno via» (pag. 125).
Montagne. Qui (pagg. 126-127) s'innesta il ricordo del passato sulle montagne dopo la strage. Rientra in campo la voce della ragazzina. Sulle montagne non si poteva sopravvivere. Non c'era nulla da mangiare. Le rifugiate aspettavano che qualcuno le venisse a salvare, ma avevano anche una paura tremenda dei fondamentalisti. Invece ecco che la porta del loro rifugio si spalanca e si vede ciò che prima non si è mai visto: una donna armata.
Il racconto della donna armata e della sorpresa che genera è ripreso ancora in una pagina scura (pag. 151-152). “Extraterrestre“, s’intitola. La ragazzina racconta qui che quella donna armata e i suoi compagni hanno rifocillato e portato in salvo le povere scampate. «Tutto il mondo sapeva cosa ci stava succedendo. Ma quelli del PKK sono stati gli unici ad aiutarci. E io non sapevo nemmeno chi erano».
Questo tornare sul PKK ribadisce che la discussione sull’organizzazione democratica della società, puntigliosamente riferita (pagg.132-133) affonda le proprie radici nel dolore sconfinato degli ezidi. Nota Zerocalcare: «Questa cosa mi colpisce: l’onnipresenza del massacro in ogni discorso» (pag. 134).
La paura che possa ripetersi, fa sì che il tema della convivenza pacifica di tutti i popoli sia avviluppato nella contraddizione.
Popoli diversi significa tutti i popoli. Anche chi ha aiutato l’Isis? No. È la risposta secca. «Chi ha contribuito al massacro non può stare qui» (pag. 135). Certo, pensa tra sé Zerocalacare, «prima o poi qualcuno dovrà capì che ce famo co’ tutti questi che stavano con l’Isis. Ma forse non è una responsabilità che possiamo accollà alla vittime di un genocidio».
Non c’è più molto da dire. La storia prosegue nell’epilogo e nel viaggio di ritorno.
Resta la voce di queste ragazze. «Quei giorni ce li abbiamo sempre dentro gli occhi». Cinquemila gli assassinati. Centinaia di morte/i di fame e di sete. Più di seimila le donne rapite coi bambini. Di duemila di loro non si hanno più notizie.
Sopra il cielo di Shengal c’è una cappa di dolore.
Non perdete il prossimo appuntamento con la letteratura. un altro esempio di graphic novel: Persepolis di marjane satrapi. arrivederci a sabato 26 novembre
FONTI
Zerocalcare, No Sleep Till Shengal, BaoPublishing, Milano 2022 Edizione del Kindle
Calabrese Stefano, Zagaglia Elena, Che cos’è il graphic novel, Roma, 2017, Carocci editore
Voce “Yazidi” dell’Enciclopedia Treccani https://www.treccani.it/enciclopedia/yazidi_%28Enciclopedia-Italiana%29/
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale
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