povertà nel mondo

Porre fine ad ogni forma di povertà nel mondo

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Il titolo dell’articolo di oggi richiama il primo Obiettivo dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, il programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità sottoscritto nel 2015 dai governi dei 193 Paesi membri dell’ONU. Dopo i tre articoli che abbiamo già pubblicato sulle tre principali teorie che provano a spiegare la nascita, lo sviluppo e l’esistenza della povertà (la teoria degli stadi di Rostow, la teoria della dipendenza di Frank e la teoria del Sistema-Mondo di Wallerstein), ora vogliamo focalizzare per un momento l’attenzione sulla situazione mondiale attuale.

Secondo il Report ufficiale dell’ONU, non siamo sulla buona strada per porre fine alla povertà entro i limiti stabiliti. Infatti, se nel 2015 il 10% della popolazione mondiale viveva in condizioni di povertà, secondo i dati raccolti fino al 2019 questa percentuale è scesa soltanto all’8,2%, e considerando l’andamento del trend anche antecedente al 2015, si prevede che nel 2030 circa il 6% della popolazione mondiale vivrà ancora in povertà: in termini assoluti stiamo parlando di circa 500 milioni di persone, secondo le stime dell’ONU che prevedono 8.5 miliardi di abitanti sulla Terra per il 2030, contro i 7.8 miliardi di fine 2020. La regione che più di tutte accuserà ancora una forte incidenza della povertà nel 2030 sarà l’Africa Sub-sahariana, dove si stima che tale problema interesserà ancora quasi un quarto della popolazione, mentre nel resto del mondo le previsioni parlano di percentuali sotto il 3%. Un dato sicuramente allarmante, e che non si può fare a meno di citare in questo periodo, riguarda il numero di persone ridotte in condizioni di povertà estrema nel 2020 a causa della pandemia di COVID-19: queste sono ben 71 milioni, pari ad un incremento spropositato dell’11% rispetto al 2019. Si tratta del primo incremento nei dati della povertà globale dopo decenni di trend positivo. Le principali cause sono individuabili nell’incremento della disoccupazione, così come nelle perdite economiche dovute ai lockdown, che hanno avuto un impatto enorme sul commercio e sugli scambi di beni e ricchezza. Ad avere la peggio sono state ovviamente le fasce di popolazione più vulnerabili, vale a dire quelle che si trovavano già a vivere in condizioni di povertà o che vi erano molto vicine. Fra chi ha potuto conservare la propria occupazione, la povertà estrema è una condizione che si riscontra con il doppio della frequenza nei giovani rispetto che negli adulti. Un altro fattore che ha influito in maniera profondamente negativa sulla povertà nel mondo negli ultimi anni sono i disastri naturali: questi hanno provocato, solo nel 2018, in 63 paesi, perdite economiche dirette per 23.6 miliardi di dollari; i decessi dovuti a tali eventi si sono verificati nel 90% dei casi in Paesi a basso reddito.

A livello globale, l’Obiettivo 1 registra una situazione stagnante e uno stato di avanzamento insoddisfacente nell’Africa Sub-Sahariana e in Oceania, mentre nell’America Latina la situazione è leggermente migliore ma il trend è decisamente peggiorativo. In Asia e nell’Europa dell’Est la situazione sta lentamente migliorando, sebbene vi sia ancora molta strada da fare, mentre l’andamento generale è in linea con le previsioni per il raggiungimento dell’Obiettivo nei paesi dell’OECD (Organization for Economic Co-operation and Development), organizzazione economica intergovernativa fondata nel 1961 da 20 nazioni e che oggi conta 37 membri fra cui gli USA, il Canada, il Cile, il Messico, i paesi dell’Europa occidentale, la Turchia, Israele, la Nuova Zelanda, il Giappone e l’Australia. In termini di gruppi di reddito, il trend va di pari passo con la situazione di partenza: i paesi con redditi più bassi sono tutt’ora in forte ritardo sulla strada per il raggiungimento dell’Obiettivo 1, e segnalano trend perlopiù stagnanti; i paesi con redditi medio-bassi sono in lento miglioramento da situazioni fortemente migliorabili; i paesi con redditi medio-alti si trovano abbastanza in linea con le previsioni di sviluppo mentre i paesi con i redditi più alti sono sulla giusta strada per il raggiungimento dell’Obiettivo entro i termini stabiliti.

Per quanto riguarda l’Italia, la condizione di partenza mostrava situazioni migliorabili, e il trend attuale è di lieve miglioramento, ma non ancora sufficiente a prospettare il pieno raggiungimento dell’Obiettivo entro il 2030. Va comunque sottolineato che secondo l’SDG Index Score (un indice numerico che valuta la situazione locale in rapporto agli obiettivi previsti su una scala da 0 a 100, in cui 0 rappresenta la completa inadempienza e 100 il pieno raggiungimento degli stessi) l’Obiettivo 1 in Italia è, insieme agli Obiettivi 3, 4 e 7, uno dei fiori all’occhiello del paese, con un punteggio superiore a 90, mentre l’Indice medio di tutti gli Obiettivi è pari a 77, contro il 77.3 dell’OECD, posizionando l’Italia al trentesimo posto fra i 166 paesi impegnati nel percorso indicato dall’Agenda 2030. I tre indicatori utilizzati per la valutazione dell’Indice sono in questo caso la percentuale di popolazione che vive con meno di 1.90 $ al giorno (pari a 1.56 €; 1.4% nel 2020) e con meno di 3.20 $ al giorno (pari a 2.63 €; 1.8 % nel 2020), che segnano entrambi trend positivi e in linea con le aspettative, mentre il tasso di povertà al netto di tasse e trasferimenti (13.9% nel 2017) risulta un ambito da migliorare fortemente ma che purtroppo mostra una tendenza in senso opposto. Secondo l’Istat, nel 2018 la popolazione a rischio di povertà o esclusione sociale era intorno al 27%, pari ad oltre 16 milioni di individui, in diminuzione rispetto all’anno precedente ma comunque superiore al livello europeo (21.7%). Si registrano ottimi progressi per quanto riguarda la grave deprivazione materiale, dal 10.1% del 2017 all’8.5% del 2018, e nella riduzione della povertà assoluta che riguarda, nel 2019, il 6.5% delle famiglie e il 7.8% degli individui. La discrepanza queste percentuali e quelle proposte dall’ONU per gli stessi indicatori sta nella diversa valutazione della soglia di povertà, che dall’Istat non viene valutata come spesa giornaliera ma come “spesa mensile minima per acquistare un paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano, è considerato essenziale per uno standard di vita minimamente accettabile”. La soglia di povertà assoluta varia “in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza”, restituendo un’immagine molto più dettagliata in rapporto alle condizioni di vita medie della popolazione. L’Istat mette a disposizione un tool online per il calcolo della soglia di povertà assoluta: ad esempio, una famiglia composta da due genitori sotto i 59 anni, con due figli adolescenti (11-18 anni), che viva in comune con meno di 50,000 abitanti del centro Italia, sarà considerata assolutamente povera qualora le sue spese mensili per i consumi non superino la cifra di 1,513.21 € (al 2019).

FONTI

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Credits: Photo by Bill Wegener on Unsplash

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