Il microbiota intestinale
RUBRICA DEL WEEKEND FOCUS NUTRIZIONE – EPISODIO 9
Buongiorno e benvenuti in questa nuova puntata della Rubrica del weekend Focus Nutrizione. Nella scorsa puntata abbiamo parlato molto del Sole come attore fondamentale della nostra vita, capace di influenzare in molti modi la salute di ognuno di noi. Spero che tutti abbiate potuto godere di qualche giorno di vacanza durante lo scorso mese, e abbiate fatto una bella scorpacciata di Sole, ma ricordiamoci che non finisce tutto con le ferie, e che una buona esposizione solare quotidiana anche di pochi minuti può essere davvero un toccasana per il nostro corpo!
Oggi invece torneremo all’interno del corpo umano, per scoprire che durante tutta la vita conviviamo con un vero e proprio compagno di viaggio, che possiamo in qualche modo considerare come un inquilino del nostro corpo o, come viene più comunemente definito, un ulteriore organo vitale a sé stante. Come avrete capito dal titolo, stiamo parlando del microbiota intestinale.
Cos’è il microbiota?
Il microbiota, cito una delle fonti, è “l’insieme dei microrganismi che in maniera fisiologica, o talvolta patologica, vivono in simbiosi con il corpo umano”. Lo definiamo spesso più specificamente microbiota intestinale, in quanto la maggior parte di esso vive nel nostro intestino, mentre abita comunque in gran parte dell’organismo umano, ad eccezione del cervello e del sistema circolatorio.
Microbio…ma
Esiste anche un’altra parola molto simile, che a volte viene impropriamente utilizzata come un sinonimo di microbiota. Si tratta di microbioma, termine che indica invece “la totalità del patrimonio genetico posseduto dal microbiota, cioè i geni che quest’ultimo è in grado di esprimere”.
Questo patrimonio genetico è qualcosa di enorme. Basti pensare che il genoma umano, ovvero il patrimonio genetico dell’uomo, conta circa 20.000 geni o poco più, mentre i ricercatori fino ad oggi sono riusciti ad individuare la bellezza di 46 milioni di geni batterici, di cui 24 milioni nel microbiota orale e 22 milioni nel microbiota intestinale.
Questo significa che la stragrande maggioranza del patrimonio genetico che complessivamente ognuno porta con sé è rappresentato dal microbioma. Da qui deriva la convinzione che il microbiota possa essere trattato come un organo endocrino aggiuntivo che fornisce una risorsa fondamentale al funzionamento degli organi umani.
Anche virus?
Riprendendo la definizione iniziale di microbiota, capiamo subito che si tratta di un grande insieme, e questo è composto non banalmente da batteri, ma da numerosissimi microrganismi e virus che vengono suddivisi in famiglie e specie, ciascuna con il proprio nome e le proprie caratteristiche.
Giustamente, sentendo parlare di virus, qualcuno potrebbe allarmarsi. In realtà, tutti questi abitanti che ci portiamo dentro possono convivere in maniera fisiologica con il nostro organismo, quando le varie specie sono rappresentate in modo adeguato ed equilibrato. Viceversa, quando questo equilibrio viene meno, ecco che la convivenza diviene patologica, e può dare luogo a problemi di salute più o meno gravi.
Una vita da equilibristi
Come abbiamo visto – e ho spesso ripetuto – in molte delle puntate precedenti, il corpo umano è una grande macchina sempre all’opera per mantenere il giusto equilibrio necessario a rispondere ad ogni stimolo, positivo o negativo che sia. Allo stesso modo, anche il nostro rapporto con il microbiota si basa su una condizione di equilibrio, come ogni rapporto tra due brave persone: se trattiamo bene l’altro, ne trarremo vantaggio di riflesso, ma se le cose si complicano possiamo avere dei problemi.
Eubiosi e disbiosi
La condizione di equilibrio del microbiota che ospitiamo, così come la situazione contraria, hanno ovviamente dei nomi precisi: rispettivamente eubiosi e disbiosi. Nel primo caso, tutto funziona nel migliore dei modi, noi nutriamo adeguatamente il nostro microbiota, il quale in cambio fa egregiamente il suo dovere, ovvero vive sereno e beato fornendoci in cambio alcuni metaboliti importantissimi e garantendo salute e protezione soprattutto all’intestino.
Per fare un esempio semplice, premettiamo che un metabolita è il prodotto di un processo metabolico, che a sua volta è l’insieme di trasformazioni chimiche necessarie al mantenimento della vita: si pensi alla digestione, che ha lo scopo di scomporre gli alimenti ingeriti per trarne sostentamento. Ebbene, il microbiota si nutre della fibra alimentare (polisaccaridi vegetali non disponibili, zuccheri complessi) che normalmente l’uomo non riuscirebbe a scomporre e utilizzare, e ci restituisce acidi grassi a catena corta, che invece siamo in grado di impiegare a scopo energetico.
Qualcosa è andato storto
Quando ci troviamo in condizioni di disbiosi, questo o altri processi possono diventare più difficoltosi o addirittura essere interrotti, causando inevitabilmente un disagio all’organismo ospitante. I possibili scenari di disbiosi sono molto numerosi, e vengono indicati da rapporti alterati tra diversi ceppi batterici. Non si tratta di una condizione standardizzabile, in quanto va ricordato che ognuno di noi porta con sé un microbiota (e quindi un microbioma) diverso, e diverse possono essere le condizioni che caratterizzano eubiosi e disbiosi.
Cosa succede se il microbiota sta male?
Ora possiamo fare un ragionamento molto semplice. Le funzioni del microbiota, o meglio i processi che traggono vantaggio dal suo corretto funzionamento, sono numerosissimi, e ne stiamo scoprendo ogni giorno di più. Pertanto, in caso di alterazioni, la sintomatologia può essere estremamente varia.
In poche parole, un numero sempre maggiore di patologie o squilibri stanno trovando correlazione con specifiche composizioni del microbiota, al punto che potremmo fantasticare su un mondo futuro in cui forse sarà possibile determinarne la struttura più adatta a contrastare specifiche condizioni indesiderate. Alcune sperimentazioni sul trapianto di microbiota hanno già dato risultati molto importanti in relazione a diabete e sovrappeso, quindi non ci resta che aspettare.
Sintomi vari
Per il momento, rimaniamo con i piedi ben piantati per terra e limitiamoci a ciò che sappiamo già per certo. Innanzitutto, una condizione di alterazione più o meno grave del microbiota significa in termini pratici che un ceppo batterico si sta avvantaggiando su un altro, con conseguenze potenzialmente negative per l’ambiente in cui questi vivono.
Quando questo accade, i batteri in soprannumero possono anche migrare o espandersi colonizzando altre parti del corpo e dare luogo ad infiammazioni spiacevoli, come la candida. Questa è dovuta ad un fungo che normalmente fa parte del microbiota intestinale, e concorre agli effetti benefici dello stesso. Nel momento in cui, però, vengono meno determinate condizioni, il fungo è in grado di crescere oltremodo, portando ad una condizione patologica manifesta.
Le condizioni più facilmente riconducibili ad un microbiota alterato sono quelle che indicano una funzionalità intestinale compromessa, a partire da meteorismo, flatulenza, dissenteria ma anche stitichezza, gonfiore e così via.
Inoltre, come abbiamo già detto poco fa, il microbiota entra in gioco nella digestione di determinate sostanze e ne modula anche l’assorbimento, specie per quanto riguarda vitamine e minerali. Uno scompenso in questi processi può portare in breve tempo a stanchezza cronica, sia mentale che muscolare, o a unghie e capelli deboli.
Difese immunitarie e antibiotici
Non da ultimo, il microbiota ha impatto notevole anche sul funzionamento del sistema immunitario. Un microbiota in disordine può creare scompensi anche nel sistema immunitario, che avrà più difficoltà a contrastare malattie e minacce alla nostra salute in genere.
Dobbiamo anche prestare particolare attenzione all’utilizzo di antibiotici. Non a caso, dopo terapie importanti che ne prevedano l’uso, spesso e volentieri segue una somministrazione di fermenti e probiotici, che hanno lo scopo di riequilibrare l’assetto del microbiota, inevitabilmente sottoposto a scompensi anche importanti.
Perché il microbiota soffre?
Giustamente potremmo chiederci quali siano i fattori che alterano la salute del microbiota. Ancora una volta, ci troviamo tra i piedi le cattive abitudini alimentari e di vita: dieta scorretta, troppi alimenti raffinati, poca frutta e verdura (ovvero fibre), abuso di farmaci e antibiotici, esposizione eccessiva a pesticidi chimici e coloranti, stile di vita scorretto o inadeguato caratterizzato da sedentarietà, ritmi frenetici e irregolari, ansia e stress.
Come possiamo aiutare il microbiota?
Innanzitutto, dobbiamo essere consapevoli che il microbiota si forma nei primissimi mesi di vita. Il neonato dispone di un intestino sterile, che viene subito popolato dai primi batteri con cui viene a contatto appena dato alla luce, a partire da quelli trasmessi dal contattato materno, nonché dall’allattamento. L’ambiente in cui cresciamo e ci sviluppiamo nei primi mesi, e ancora fino ai primi anni di vita, sarà un marchio pressoché indelebile nel nostro microbiota.
Fatta questa premessa, appare evidente che imporre un cambiamento del microbiota in età avanzata, o anche dall’adolescenza, potrebbe essere molto difficile, se non impossibile. Abbiamo già citato alcuni esperimenti di trapianto del microbiota, che sembrano decisamente incoraggianti, ma per il momento è meglio muoversi cautamente sull’argomento.
Sicuramente uno stile di vita sano e una buona routine quotidiana possono aiutare non poco. Dal punto di vista dell’alimentazione, giocano un ruolo fondamentale le fibre, che come abbiamo visto nutrono il microbiota.
Fibre a colazione? Probabilmente sì
Sembra addirittura che queste giochino un ruolo fondamentale, se assunte in quantità adeguate già dalla colazione, regolando poi l’assorbimento di nutrienti durante il resto della giornata. Questo dovrebbe avvenire perché il microbiota riesce a dialogare con il sistema nervoso, trasferendo un segnale molto semplice: se riceve fibre nel primo pasto dopo il digiuno notturno, è soddisfatto e limita l’assorbimento di altri nutrienti durante il giorno. Viceversa, se scarsamente alimentato da una colazione povera di fibre, richiederà al sistema nervoso un maggiore assorbimento di nutrienti durante il giorno.
Di conseguenza, se ne deduce che, a parità di calorie ingerite, un diversa quantità di fibre contenute nel primo pasto del giorno potrebbe fare la differenza nella gestione del peso, cosa molto spesso più facilmente (e in maniera quindi fuorviante) etichettata come “metabolismo veloce” o “metabolismo lento”.
Sovrappeso… microbiotico
Non dobbiamo comunque dimenticare che, da quanto sappiamo ad oggi, il microbiota di una persona patologicamente tendente al sovrappeso o all’obesità è sostanzialmente diverso da quello di una persona normopeso. Resta ancora da scoprire, però, se sia il microbiota – in maniera indipendente – a determinare questa condizione a valle o viceversa l’alimentazione a monte a determinare il microbiota: è nato prima l’uovo o la gallina?
Ultimi suggerimenti
Per chiudere, voglio lasciare un ultimo suggerimento importante: dobbiamo tenere bene a mente che il microbiota si adatta velocemente – seppure in modo parziale – a ciò che riceve dall’esterno. Pertanto, una cura o delle abitudini che mirino a riequilibrarlo o migliorarlo, ammesso che questo sia efficacemente attuabile, non possono essere temporanee.
Ad eccezione di particolari patologie passeggere, se siamo di fronte ad un’alterazione cronica – ovvero protratta nel tempo – del microbiota intestinale, correre al riparo con buone pratiche per qualche settimana potrà dare dei benefici, ma lo stato di salute raggiunto dovrà essere mantenuto facendo di queste pratiche un’abitudine duratura.
Anche l’assunzione di probiotici – come i fermenti lattici – e prebiotici deve essere valutata in maniera intelligente, dato che un abuso potrebbe dare effetti indesiderati tanto quanto la carenza che si vuole sanare.
Detto questo, vi auguro che il vostro microbiota sia in ottima salute! Ne gioverete sicuramente, il colesterolo sarà entro i valori ottimali, il ritmo sonno-veglia procederà regolare, la digestione sarà ottimale, il corpo nutrito e in forze, al riparo da tante allergie e intolleranze alimentari… eh già, anche queste sono riconducibili alla mancanza di alcuni batteri chiave!
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FONTI
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Foto di julien Tromeur su Unsplash
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