La magnetosfera, il nostro scudo spaziale
Rubrica del weekend a spasso nell’eliosfera – Episodio 17
Qualcuno tra voi lettori si sarà sicuramente chiesto, nel corso delle ultime puntate, fin dove ci saremmo spinti, quanto lontano dal Sole avremmo cercato corpi di cui parlare per questa rubrica. La domanda è senza dubbio lecita, e in realtà dobbiamo svelarvi un segreto: siamo già usciti dall’eliosfera. Ebbene sì, abbiamo già sforato, sulle ali dell’entusiasmo, ammaliati dal fascino delle meraviglie che stanno là fuori. Quindi l’eliosfera è qualcosa di ben definito, con dei confini chiari? Sì e no. Al di fuori di essa, cosa c’è? Poco, ma immensamente molto. Mettevi comodi e andiamo con ordine, sarà un lungo viaggio!
Rileggi le puntate precedenti di questa rubrica:
Comete celebri dei giorni nostri – 18 giugno, episodio 16
La nube di Oort e l’ipotesi della nana bruna – 11 giugno, episodio 15
Gli oggetti transnettuniani alla periferia del sistema solare – 4 giugno, episodio 14
Plutone, il nono… nano – 28 maggio, episodio 13
Nettuno, l’ultimo dei giganti – 14 maggio, episodio 12
Urano, nn gigante… ribaltato! – 7 maggio, episodio 11
Il signore degli anelli – 23 aprile, episodio 10
I satelliti di Giove – 16 aprile, episodio 9
Una stella mancata – 9 aprile, episodio 8
Il pianeta mancante – 2 aprile, episodio 7
Marziani, rover e droni – 19 marzo, episodio 6
Di passaggio sulla Terra: perché esistono le stagioni? – 12 marzo, episodio 5
Venere, pianeta infernale – 5 marzo, episodio 4
Mercurio, dove i giorni durano più degli anni – 19 febbraio, episodio 3
Un sabato al Sole – 12 febbraio, episodio 2
Prendiamo le misure: quando siamo piccoli? – 5 febbraio, episodio 1
Campo magnetico ed effetto dinamo
Un fatto ormai appurato dagli scienziati è che la Terra, così come altri pianeti e come anche lo stesso Sole, è fonte di un campo magnetico che si diffonde nello spazio circostante. La presenza di tale campo magnetico viene normalmente spiegata con il fenomeno dell’effetto dinamo.
La dinamo è quel dispositivo che permette di generare corrente elettrica sfruttando la rotazione della ruota di una bicicletta: questa mette in movimento un magnete e, di conseguenza, il campo magnetico da esso generato. La variazione di un campo magnetico – e quindi del suo flusso – ha l’effetto di generare corrente elettrica in un materiale conduttore appositamente predisposto: così, mettendo in movimento il magnete della dinamo all’interno di una bobina (un avvolgimento) di rame, in quest’ultima si genera corrente elettrica.
Analogamente, nel caso della Terra si ritiene che la rotazione diversificata del nucleo fluido e del mantello (o forse i moti convettivi del magma liquido nel primo) sia responsabile dell’esistenza del campo magnetico terrestre.
Magnetosfera e vento solare
Il campo magnetico di un pianeta può variare notevolmente in funzione delle dimensioni dello stesso, dei periodi di rotazione degli strati coinvolti in questo fenomeno, ma anche della natura stessa degli strati, nonché dell’inclinazione degli assi di rotazione del pianeta e del dipolo magnetico, così come del vento solare, che rappresenta la principale variabile esterna.
Lo spazio intorno ad un corpo celeste in cui il campo magnetico generato dallo stesso riesce ad avere un influsso sul comportamento di eventuali particelle cariche in moto nello spazio viene detto magnetosfera.
Il suo funzionamento è piuttosto semplice. Immaginiamo di essere posti davanti ad una macchina che spara bolle di sapone verso di noi, e di disporre di un ventilatore. Puntandolo in direzione della macchina, riusciremo a far rallentare e deviare le bolle di sapone, facendo in modo che non ci colpiscano.
In questo modello, la macchina rappresenta il Sole, e le bolle di sapone sarebbero le particelle cariche del vento solare che investe costantemente la Terra (noi); il campo magnetico terrestre (magnetosfera), simulato dallo spostamento d’aria del ventilatore, riesce a mantenere libera dal vento solare la magnetosfera intorno al nostro pianeta.
L’onda d’urto dei corpi celesti
Come abbiamo visto, la magnetosfera ha un confine ben preciso, rappresentato dai punti intorno ad un pianeta dove il campo magnetico planetario si trova in equilibrio con l’azione contrastante del vento solare (o del campo magnetico solare, detto anche interplanetario).
Questa interfaccia viene definita bow shock nel gergo anglosassone, tradotta come onda d’urto o di prua, ma anche con il nome di zona di stagnazione. È comune non solo ai pianeti che si muovono nel campo interplanetario della loro stella, ma anche ad ogni corpo di dimensioni più contenute che vi transiti ad una velocità sufficiente, oltre a caratterizzare le stelle stesse con il loro campo mentre si muovono nello spazio interstellare.
Quando la dinamo non c’è…
Cosa accade, però, se il campo magnetico è troppo debole? È il caso, innanzitutto, delle comete: se avete mai notato che la magnifica coda di questi oggetti è sempre rivolta in direzione opposta al Sole, allora dovete sapere che ciò è dovuto alla pressione di radiazione e ancora più all’azione del vento solare.
Anche Venere, secondo pianeta del sistema solare, è poco protetto dalle particelle cariche provenienti dal Sole: non possedendo una dinamo interna, non genera un campo magnetico proprio. Così, rimane in balia del vento solare, il quale interagisce in maniera marcata e turbolenta con la sua atmosfera, generando anche impressionanti deflagrazioni – in gergo, anomalie di flusso caldo, o hot flow anomaly – che strappano letteralmente pezzi di ionosfera, disperdendoli nello spazio.
… il vento solare balla
L’interazione turbolenta tra il vento solare e l’atmosfera venusiana è dovuta al verificarsi della riconnessione magnetica, che ha luogo dal lato in ombra del pianeta – o del corpo in questione -, dove le linee di campo del vento solare possono ricongiungersi e generare turbolenze.
Il fenomeno è del tutto analogo a quanto si osserva studiando, ad esempio, l’aerodinamica di un automezzo. Quando è in movimento, o viene investito frontalmente da una corrente d’aria, immediatamente dietro di esso si trova una zona di quiete, che può presentare anche un certo risucchio: è anche questo a far interagire le particelle cariche del vento solare con la ionosfera del pianeta in questione.
Tornando all’esempio dell’automezzo, ad una certa distanza, prossima al punto di ricongiungimento delle correnti laterali, l’aria si fa più disordinata, raggiungendo il massimo della turbolenza dopo il punto suddetto.
Tutto questo si può osservare chiaramente anche in fluidodinamica, guardando semplicemente il comportamento – a valle – dell’acqua di un torrente che scorre piuttosto velocemente intorno ad un masso affiorante.
Nel caso delle comete, la riconnessione magnetica e le turbolenze indotte possono essere responsabili del frazionamento della coda, come accaduto alla cometa Encke il 20 aprile 2007 (qui l’animazione che lo mostra).
Su Venere, il fenomeno è stato osservato e studiato grazie alle rilevazioni della missione Venus Express dell’Agenzia Spaziale Europea. Lanciata il 9 novembre 2005, la sonda ha completato la sua missione principale nel settembre del 2007, per poi rimanere attiva fino all’esaurimento del carburante e alla conclusione ufficiale della missione a fine 2014.
Altre magnetosfere particolari
Anche nel caso di Marte il vento solare interagisce direttamente con la ionosfera, uno degli strati più esterni dell’atmosfera, di cui asporta continuamente particelle lasciandola piuttosto sottile se rapportata a quella terrestre.
Nel nostro caso, invece, l’atmosfera rimane ampiamente protetta dalla magnetosfera, con il bow shock posto mediamente a circa 10 raggi terrestri dal centro del pianeta, ovvero decine di migliaia di chilometri.
Il primato in questo senso, tra i pianeti del sistema solare, è detenuto dal gigante dei giganti. Giove, infatti, vanta la magnetosfera più imponente, con la zona di stagnazione posta tra 60 e 100 raggi gioviani, in termini assoluti una distanza oltre 1000 volte più estesa di quella terrestre.
(continua…)
FONTI
Le fonti consultate per la stesura di questo articolo verranno pubblicate in coda alla sua seconda parte.
Credits: Photo by Valentin Antonucci on Unsplash
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