Milano
Tre storie su e giù nel tempo alla ricerca dello spirito di Milano
13 dicembre 1446
La notte di santa Lucia Giacomo Ravizza, armoraro in Milano, parrocchia di S. Maria Beltrade, rientra in casa sua che dev’essere molto grande, perché ha due ingressi uno che dà sulla via degli Armorari (oggi via Spadari ) e l’altro che dà sulla via dei Fabbri (oggi via Orefici). Sappiamo anche che il fabbricato dei Ravizza arriva vicino al Cordusio.
Mentre attraversa le stanze buie il Ravizza sente la presenza di qualcuno, vede un’ombra, si spaventa e chiama aiuto. Accorre il suo amministratore, Giacomo Cassina. Insieme perlustrano la casa. Finché nella sala picta al primo piano trovano l’intruso nascosto in un angolo: è un certo Aloisio da Gessate. Il Ravizza lo afferra per la collottola., Alovisio chiede perdono e dice che è entrato in casa con la chiave che Giovannina gli ha dato. Giovannina è la nuora di Ravizza.
Un furto? no!
Si scatena la tempesta. Non è un furto, è un adulterio! Giovannina sente, si spaventa anche lei, si chiude in camera sua, e grida che che non aprirà mai, se non le garantiranno l’incolumità. Sempre più infuriato Ravizza manda a chiamare la forza pubblica e anche il padre di Giovannina che abita lì vicino. Il padre si chiama Franceschino viene da Biassono e a Milano allo chiamano.Monzino. Arriva dunque in casa Ravizza, apprende cosa è successo, e si incollerisce anche lui.
Furibondo, picchia alla porta della figlia:
«Apri, ribalda!»
«Padre, padre mio!»,
«Non sono più tuo padre, apri, apri!»,
«Non aprirò se non mi promettete di non farmi del male».
Interviene allora l’ufficiale della forza pubblica che dà la sua parola a Giovannina che si decide ad aprire la porta. Il proditor Aloisio è consegnato alla forza publica che lo porta in carceribus, L’inchiesta si apre il giorno dopo e ne abbiamo notizia grazie al notaio Giacomo Perego.
Uno spaccato della vita dei borghesi di Milano
L’inchiesta del notaio Perego è interessante per noi perché offre info sulla vita quotidiana di questi industriali e mercanti milanesi del Quattrocento.
Primo. Tra i testimoni del fatto ci sono tre operai che stavano lavorando nell’officina da armorario: significa che una casa signorile come quella dei Ravizza, una casa che ha due ingressi, che ha molte stanze e una sala affrescata può essere anche un’officina dove si lavora anche con un turno di notte.
Una tipologia frequentemente attestata è la casa-bottega, ma qui si tratta di un’officina dentro una abitazione. Non è un’eccezione. Altre fonti testimoniano che le officine possono stare nella casa stessa di abitazione del loro proprietario. Ad esempio la casa del setaiolo Lanteri, collocata nella stessa parrocchia dei Ravizza, comprendeva locali dove erano collocati i telai per tessere e i mulini per torcere la seta, insomma delle lavorazioni rumorose e ingombranti, accanto alle stanze di abitazione della famiglia e alle botteghe al piano terra
Secondo. Il padre di Giovannina, Francheschino da Biassono detto Monzino, è un tessitore, anzi un “frisario”. è un artigiano del lusso. i suoi clienti più ragguardevoli sono i conti Dal Verme e Lodovico Gonzaga, signore di Mantova (!). I frisi del Monzino erano bordi lavorati, cordoni e nastri, fatti di seta e probabilmente intessuti di oro e argento lavorato e battuto in filo. Quest’info sul Monzino testimonia gli inizi dell’industria serica milanese.
Ultimo. Dai risvolti dell’inchiesta si apprende che anche i Ravizza avevano clienti molto importanti. Le armi vere e proprie avevano clienti milanesi. Le armi da torneo avevano un pubblico signorile locale e forestiero. Nel 1446 era duca di Milano Francesco Sforza, divenuto tale per aver sposato Bianca Maria Visconti, era cliente non dei Ravizza, ma dei Missaglia, gli armorari più importanti di MIlano.
Indietro. Milano romana
La vocazione manifatturiera di Milano non è un fatto medievale esiste ed è fiorente fin dall’epoca romana, cioè dal I secolo a.C. fino alla caduta dell’impero – V secolo d.C. (476). La città però è più antica.
Fu fondata nel V secolo a.C. da una delle tribù galliche che vivevano nomadi nella pianura Padana e sulle Alpi. Dario Fo raccontava la storia dell’esasperazione dei Galli, costretti sempre ad una lotta durissima contro il fango, e della loro definitiva scelta di vivere lì, proprio dove i carri s’erano bloccati. La città dunque si trova nella Gallia Cisalpina – se si guarda la cosa dal punto di vista dei romani. La Gallia “cis” cioè “al di qua” delle alpi, da non confondere con la Gallia Transalpina, cioè “Trans” al di là.
La città, gallica, non ha pianta ortogonale. Nulla della razionalità greca, passata alla civiltà latina. La pianta di Milano è circolare, e certo non è un cerchio, come pretendeva Bonvesin de la Riva.
I romani s’affacciano sulla pianura padana nel I secolo a.C. Puniscono le tribù galliche che si sono alleate con Annibale al momento della sua calata in Italia (218 a.C.), durante la Seconda Guerra Punica. Ma le proiettano anche nel futuro. La cittadinanza romana è estesa a queste popolazioni prima che finisca il secolo, e così sono latini i poeti più importanti di quest’epoca Catullo, che è nato a Verona, e Virgilio che è di Mantova.
La città sotto Roma fiorisce e mantiene un profilo di tranquilla città di provincia fino al III secolo dopo Cristo (286 d.C.), quando l’imperatore Diocleziano riorganizza la struttura di gestione dell’impero e fa di Milano la capitale d’Occidente. La città guadagna così un livello internazionale. Mediolanum – ricchissima da questo momento in avanti, con gli alti e bassi della sorte, ma sempre enormemente ricca – deve la sua straordinaria fortuna a Roma!
I mestieri in Mediolanum
Il passato romano della città è oggetto di scavi e studi storici che sono andati crescendo nell’ultimo secolo. Le epigrafi delle steli funerarie giunte fino a noi raccontano la vivace operosità di questo luogo. A Milano si producono e si lavorano lino e di pelli, legno e metalli, quindi armi. La manifattura dà impulso anche ai servizi di trasporto, facendo ipotizzare per Milano un ruolo di rilievo che la pone, subito dopo Aquileia, il porto sull’Adriatico, link con l’Impero d’Oriente, tra i principali centri produttivi dell’Italia settentrionale.
Tra le epigrafi finora ritrovate le attività agricole praticate nel territorio milanese non sono quasi ricordate. Eppure sappiamo da altre fonti che erano fiorenti. La classe dirigente della città, pur dovendo la propria ricchezza alla fertilità della terra e alla floridezza dell’allevamento di ovini e suini, non ritiene prioritario essere ricordata per i possedimenti terrieri, ma per le attività collegate alla produzione e al commercio.
Ciò che caratterizza queste iscrizioni funerarie è che non solo i grandi proprietari terrieri, ma anche la popolazione di più modesta origine dimostra orgoglio della propria attività e della posizione raggiunta. Sicché ordina steli funerarie per sé e la propria famiglia. Sfila davanti ai nostri occhi un’umanità dai mestieri più vari: i sagarii, gli operai della lana, i negotiatores sagarii e vinarii, i venditori di lane e vini, i peliciarii, pellettieri, e ancora i carpentarii, addetti alla manutenzione delle vetture, e gli iumentarii, noleggiatori di animali da soma. E ci sono i maestri di scuola e … anche maestre! Come testimonia la stele funeraria di Ortensia, una di loro.
Se poi pensate che le Arti o le Gilde siano un fenomeno medievale, sappiate che a Milano in età romana esiste un Collegium Fabrorum, cioè un’associazione di fabbri, carpentieri e operai specializzati, che dispongono di un repunctator (un revisore dei conti), e sono rappresentati legalmente da un patronus, che è di solito una figura cittadina illustre e qualche volta è una patrona, cioè una donna.
Fiumi e strade
Il commercio è favorito dalla posizione geografica di Milano che sta su una pianura ricca di corsi d’acqua navigabili, parzialmente faticosamente, meglio dal XII secolo (intorno a 1150) in avanti quando si cominciò a scavare il Naviglio Grande. E così per le strade. Sia chiaro: i Romani non costruirono le loro celebri strade consolari per i commerci, bensì per ragioni militari. Però intanto le strade c’erano! Nessuna regione d’Europa ha così tante strade in quest’epoca e per molti secoli dopo!
Un balzo nel secolo d’oro
Un altro salto temporale e siamo nel XIX secolo: il secolo d’oro per Milano città industriale. Si potrebbe scegliere tra molte storie di imprese industriali fondate in quel secolo, protagoniste della vita economica e sociale della città e che oggi hanno chiuso, hanno finito la loro corsa, hanno lasciato il posto ad altro. A che cosa? Ad un altro modo di lavorare. La città cambia, muta, si trasforma.
È esemplare di questa parabola la storia di Richard-Ginori. L’esordio di questa storia coincide con la vicenda personale di Luigi Tinelli, un mix di contraddizioni: gentiluomo di Laveno e industriale della ceramica a Milano, aristocratico e mazziniano, condannato allo Spielberg e poi confidente del re Carlo Alberto in esilio a Oporto.
Luigi Tinelli e Giulio Richard
La fabbrica di ceramiche a cui Luigi Tinelli diede impulso in realtà esisteva dal 1806, fondata di un gruppo di soci. Luigi Tinelli subentrò negli anni ’20, giovanissimo, era nato nel 1799. Le sue convinzioni liberali lo portarono ad assumere un ruolo attivo nei moti del’21, e ne scontò le conseguenze, ma riuscì a rientrare in città e a occuparsi della fabbrica di ceramiche.
Nel ’31, avendo avuto anche in quell’occasione un ruolo attivo, fu di nuovo arrestato, processato e condannato a morte. La condanna a morte fu poi commutata in esilio perpetuo negli Stati Uniti e perdita di tutti i diritti civili in patria. Per questo, poco prima che scattasse la condanna, Luigi cedette la fabbrica al fratello Carlo.
Il suo destino fu di vivere poveramente ma avventurosamente, gli accadde di essere nominato console degli Stati Uniti in Portogallo, dove conobbe il re Carlo Alberto poco prima della sua morte nel1849. Ma non è il destino di Luigi Tinelli che qui importa, ma quello della sua fabbrica di ceramiche. Carlo Tinelli si rese conto presto di non essere in grado di gestire la fabbrica e la mise in vendita. Si presentò un giovanotto di origine svizzera, Giulio Richard, che er qualche anno prese la ditta in gestione, poi la comprò nel 1840. La fabbrica andò così bene, che nel 1877 fu quotata in borsa a Milano.
Richard-Ginori
Alla fine del secolo Richard acquistò la Ginori. Una fabbrica di ceramiche, benemerita, fondata in Toscana nel 1735. È tale l’importanza della Ginori che cambia anche il nome dell’impresa che diventa Richard-Ginori. Negli anni Venti del XX secolo lavora alla Richard-Ginori, come direttore artistico, l’architetto Giò Ponti che introduce nella fabbrica l’idea di ceramiche di buona qualità ma meno costose. Ill successo fu grande. La fabbrica attraversò le due guerre e la ricostruzione, ma dagli anni Sessanta le materie plastiche segnarono la fine del suo ciclo.
La Richard-Ginori produsse rivestimenti e vasellame di qualità per la casa e per il bagno: prima catini e brocche di forme e dimensioni e decorazioni le più varie, poi sanitari. Gli anni che precedettero la prima guerra mondiale furono prosperi per la Richard-Ginori. Fu presente all’esposizione internazionale del 1906 dove celebrò con le sue piastrelle il traforo del Sempione. Superata la prima guerra mondiale, l’azienda collezionò ancora grandi successi con la direzione artistica di Giò Ponti che rese il design più popolare. Finché la diffusione della plastica segnò la fine di un’impresa che corse a lungo e con enorme successo. Nel 2013 il Tribunale di Firenze dichiarò il fallimento.
Aree dismesse
Il caso Richard-Ginori
Accade allora, e accade in continuazione, che la fabbrica è abbandonata e non interessa più a nessuno, ma l’area su cui la fabbrica è stata costruita, interessa molto ai costruttori edili. Se l’area poi si trova in una città, l’interesse speculativo può essere molto forte.
L’area della fabbrica Richard Ginori è a Milano sul Naviglio Grande, non lontano dalla darsena, dunque vicina al centro della città.
Salvatore Ligresti dopo aver acquisito l’area cominciò a costruire negli anni Ottanta. Ma quei palazzi erano stati costruiti in assenza di una solida e lungimirante strategia commerciale. Subirono la pesante crisi del terziario di quegli anni e restarono a lungo sfitti o invenduti. Dopo altre complesse vicende, l’area mantiene oggi le sue cubature originali, ma è risanata e ristrutturata, ed è di proprietà di un’azienda internazionale che cura la pubblicità in tutto il mondo.
Il caso Bicocca
Oppure li affrontano. C’è anche chi si ristruttura, si riorganizza e, a certe condizioni questo è anche possibile.
L’eredità del passato di Milano
Il lavoro cambia muta trasforma.
L’esperienza centrale della vita di lavoro nella manifattura, nel commercio nella finanza è la percezione del mutamento. Nell’ultimo secolo poi il mutamento è così rapido da essere compreso con difficoltà.
Tuttavia l’eredità di una civiltà manifatturiera e commerciale sta nel considerare il calcolo come un’attitudine mentale positiva: è la capacità di darsi un obiettivo e regolare razionalmente il proprio comportamento rendendolo funzionale a quello.
Da questa idea nasce la sensibilità ai diritti di libertà personale: il soggetto deve avere piena libertà ( e assume piena responsabilità) di definire i propri scopi.
Infine dall’idea di libertà personale deriva la sensibilità per l’estensione a tutti di questi diritto e tutti hanno diritto di pretendere di poter vivere senza soffrire la fame, di essere compensati in modo equo per il loro lavoro.
Dunque è la città industriale che genera una visione del mondo
operosa e libera, genera la sensibilità alla libertà collettiva
e pone il problema di un’ equa distribuzione della ricchezza.
Per questo Milano è stata una città socialista.
Come sarà il futuro?
A Milano c’è chi ha immaginato il futuro
A Milano c’è stato chi ha immaginato il futuro, il futuro che adesso è passato. Sono i visionari che hanno pensato di distribuire, potenzialmente a tutti, l’elettricità e hanno costruito le centrali della val Formazza.
Piero Portaluppi
Ettore Conti
Anche oggi c’è chi immagina il futuro
E innumerevoli, vivacissime istituzioni culturali
Il Gran Ballo Excelsior
Vi lascio sulle note del Ballo Excelsior che, rappresentato alla Scala la prima volta nel 1881, celebra il trionfo della scienza sulle superstizioni. Amo molto – da quando traducevo Lucrezio – lo spirito di fiducia che anima il ballo Excelsior. Ma non sono naïve: so bene che molti esseri umani preferiscono le tenebre alla luce.
Ringraziamenti
La vicenda della Giovannina è raccontata da una ricerca storica della professoressa Maria Nadia Covini, Università Statale di Milano
Le notizie del capitolo dedicato a “Milano romana” provengono dalle pubblicazioni del Museo Archeologico di Milano: bellissimo, interessantissimo nel racconto dei modi di vivere – e di ammalarsi – di questi nostri lontani antenati, da qualunque luogo fossero originari.
Le notizie sui fratelli Tinelli, su Richard e sulla Ginori vengono dall’ Enciclopedia Italiana Treccani.
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