Scene da un matrimonio

Tempo di lettura: 11 minuti

Varvara

Scene da un matrimonio

Perché aveva scelto Pavel? Lui aveva minacciato di affogarsi nel Volga, se lei lo avesse respinto; lei gli aveva dato la sua parola, ed era stato per sempre. Certo, nei primi anni la sua vita di moglie era stata difficile; anche se non l’aveva mai confessato a nessuno, in realtà sognava di vivere a Saratov o a Samara, e d’andare a teatro in carrozza. Perché aveva sposato Pavel? Perché gli vuol bene. E lui ne vuole a lei. Pavel è un uomo per bene.

Ma com’è difficile vivere con lui! Che carattere faticoso! Pavel ha interessi diversi dai suoi. Gli è indifferente ciò che per lei è sommamente importante. Il sogno di Pavel non è quello di Varvara. Pavel sogna di prendere una barca e scendere lungo il Volga fino al Caspio, e da lì andare in paesi lontani. Varvara invece ama intensamente la sua casa, attorno ad essa si organizza la sua vita, la pulisce con attenzione, la tiene rinfrescata, dipinge il pavimento di legno ogni anno, e mette la carta da parati nuova. Risparmia per comprare qualche bell’oggetto, bei piatti, bei bicchieri, belle tende, qualche quadro, qualche pizzo; insomma le sue tre stanze, dicono invidiose le vicine, sono «una bomboniera».

Varvara coltiva anche il suo bel frutteto e l’orto. Suo marito le lascia tutto lo spazio che le è necessario, rispettoso del suo modo di essere, benché del tutto insensibile al fascino che quegli oggetti esercitano su di lei, e che lei accumula.

Pavel

Poljakov

Scene da un matrimonio

La casa

Scene da un matrimonio

Mai litigato prima per la casa e gli oggetti enormemente cari a Varvara, prima! Ma da quando ha deciso di partire, Varvara è scontenta. Ha nascosto sottoterra in cantina, nell’orto, nel frutteto le cose più preziose, ma è preoccupata: le sue amate cose si rovineranno, saranno rubate, e chi le potrà mai custodire?

Certo, suo marito rimane, è un ostinato che non vuol partire, e pensare che ha un’invalidità di seconda categoria; ma è un invalido, un vecchio, potrà mai fare la guardia alla casa?
«Insomma, replica lui stizzito, non ho capito se ti preoccupi per me o vuoi che resti a fare la guardia ai tuoi tesori»

La nuora

Scene da un matrimonio

La nuora è un altro argomento di aspra discussione tra marito e moglie. Pavel rimprovera a Varvara il malanimo contro Natal’ja. È un dolore senza consolazione ciò che rende Varvara così dura con Natal’ja: è il dolore per la perdita di Anatoli, suo figlio che è morto al fronte.

È un’intollerabile ingiustizia che sua figlio sia morto e la nuora lavori, vada al cinema, rientri tardi la sera, insomma che non sia morta. Le due donne soffrono il medesimo lutto, ma ognuna a suo modo, e nessuna delle due può consolare il pianto dell’altra.

Scene da un matrimonio

Separazione

Varvara e Natal’ja Partono infine con il piccolo Volodia, s’imbarcano proprio nel giorno in cui Stalingrado è bombardata, e solo per caso non finiscono in fondo al Volga come Marusja che è con loro. Varvara muore poche settimane dopo per una polmonite. 

Pavel, che è ritornato sulla riva destra dopo essere stato evacuato con tutti gli operai delle fabbriche nei primi giorni di settembre, lavora adesso alla centrale: il suo amico Spiridonov gli ha trovato un posto e lì rimarrà fino alla liberazione di Stalingrado. Riceve una lettera che gli annuncia la morte di Varvara e si chiude sempre di più in se stesso. Gli manca sua moglie. La sua vita era sempre stata accanto a lei, «quanto di bello o brutto gli succedeva, l’allegria o la tristezza, esistevano solamente rispecchiate nel cuore di Varvara Aleksandrovna». Gli pare che la sua vita sia un mucchio di macerie, come quelle che vede intorno a sé.

Rivede sua moglie com’era, giovane, dalle mani abbronzate, gli occhi allegri; rivede la cucina chiara di sole dove ha sempre fatto colazione con lei, pronta a intuire cosa volesse mangiare; e si sente orribilmente solo. Non vuole lasciare la città nemmeno dopo il bombardamento che mette definitivamente fuori uso la Stalgres, perché, se non se ne va, gli pare di mantenere un legame con la sua vita passata, con Varvara.

Su Vasilij Grossman

Di Vasilij Grossman si è già occupata la nostra rubrica di letteratura. La famiglia di Vasilij Grossman (1905-1964) è ebrea, ed è ucraina, non parla yiddish, ma russo. La formazione di Grossman è la chimica, studia a Mosca e lavora nei primi anni Trenta come ingegnere nel bacino minerario del Donbass. In quegli anni decide di diventare uno scrittore, in russo. Ebreo, ucraino, russo, europeo, Donbass…. dovrebbe già essere scattato un campanello di attenzione nella vostra mente: luoghi e condizione di Grossman hanno a che fare con la crisi che ci affligge da almeno due anni. 

Quando i tedeschi invasero l’Unione Sovietica era il 22 giugno 1941; Grossman si arruolò immediatamente e fu destinato a Stella Rossa, il giornale dell’esercito. Nell’ottobre ’42 fu a lungo a Stalingrado sulla riva destra del Volga, nel cuore cioè della guerriglia sovietica contro i tedeschi. Da questo momento in poi Stalingrado occupa progressivamente il centro della sua scrittura .

Nascono negli stessi anni, tra la metà degli anni ’40 e i primi anni ’60, opere di grande valore: e tra queste c’è un capolavoro: la dilogia di Stalingrado: Vita e destino (sequestrato dal KGB nel 1962), e il suo “prequel”, un romanzo scritto subito dopo la guerra, pubblicato in URSS col titolo Per una giusta causa all’inizio degli anni Cinquanta dopo uno strenuo braccio di ferro con la censura.

Per saperne di più consultate l’enciclopedia Treccani.

VISITATE SU ITALIANACONTEMPORANEA.COM 
LA PAGINA DEDICATA 
ALLA DILOGIA DI STALINGRADO
 ➡️

Licenza Creative Commons
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale

Scopri di più da DeltaScience

Abbonati per ricevere gli ultimi articoli inviati alla tua e-mail.

Articoli simili

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *