Perché il cielo è blu? – Cap. 2: La diffusione del colore blu

Tempo di lettura: 6 minuti

Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati un paio di settimane fa: il cielo appare azzurro, ma lo spazio interplanetario in realtà è assolutamente nero.

Mi piacerebbe poter raccontare sempre ogni argomento come una bella storiella fatta di parole semplici, ma per comprendere certi fenomeni è inevitabile utilizzare qualche tecnicismo o qualche parolona sconosciuta ai più. Pertanto, credo sia il caso di mettere in chiaro alcune definizioni fondamentali prima di continuare il discorso (per i più esperti sarà soltanto un ripasso). 

Grandezze fisiche in gioco: caratteristiche di un’onda

Le onde elettromagnetiche di cui ci vogliamo occupare sono sorelle di quelle del mare che tutti conosciamo, e che utilizzeremo come esempio. In particolare, dobbiamo immaginare la forma delle onde a debita distanza dalla riva, dove ancora non stanno prendendo la classica forma da cavalcare con la tavola da surf. Insomma: dove sono ancora delle ampie dune di acqua che si muovono.

Innanzitutto, prendiamo il punto più alto di due onde successive, che è detto cresta: la distanza tra due creste successive è detta lunghezza d’onda, e si indica con la lettera greca λ (lambda). È una lunghezza, quindi nel Sistema Internazionale si misura in metri – e suoi multipli e sottomultipli. Questa è probabilmente l’unica caratteristica fondamentale che ci interessa per comprendere appieno la prossima parte di questo articolo. 

Per chi volesse approfondire le caratteristiche attraverso cui descriviamo le onde, si può anche misurare quanto sia alta l’onda rispetto al livello del mare piatto e calmo di una mattinata senza brezza: lo determiniamo come dislivello tra quest’ultimo e la cresta dell’onda (banale, no?), quantifichiamo ancora in metri e/o multipli e sottomultipli e indichiamo questa caratteristica con il nome di ampiezza dell’onda.

Sappiamo bene che le onde si muovono nello spazio, quindi l’onda avrà anche una velocità v, misurata in metri al secondo (m/s) in base a quanti metri percorre la cresta dell’onda nell’unità di tempo. 

Con il tempo possiamo fare anche un altro paio di ulteriori giochetti. Se contiamo quante onde vediamo passare davanti al nostro naso in un secondo, avremo una misura della frequenza f dell’onda, la cui unità di misura è l’Hertz (Hz). Se invece osserviamo quanto tempo intercorre tra il passaggio di una cresta e quella immediatamente successiva, avremo una misura del periodo T dell’onda, da esprimere in secondi. Frequenza e periodo sono uno l’inverso dell’altro, cioé: f = 1/T e T = 1/f. Un esempio? Se vedo passare 4 creste in un secondo, l’onda avrà frequenza di 4 Hz e periodo T = 1/f = 1/4 = 0.25 secondi.

Ecco fatto, dovremmo esserci. Avanti! 

Spettro elettromagnetico e spettro visibile

Verso la fine della prima parte di questo articolo, siamo già arrivati alla conclusione che ci deve essere qualcosa tra noi e lo spazio che falsa i colori e ci fa percepire il colore azzurro del cielo. E penso anche che siamo tutti d’accordo sul fatto che la Terra è avvolta in uno strato di gas chiamato atmosfera, uno degli ingredienti fondamentali per la vita. 

Tutto sommato, potremmo essere portati erroneamente a dire che l’atmosfera è trasparente: essendo sì un involucro per la Terra, ma anche estesa fino al suolo tra i nostri piedi, possiamo dire ci camminiamo dentro, la prendiamo a ceffoni senza farci male (magari a discapito di qualche innocuo moscerino) e ci permette di vederci attraverso per grandi distanze quando la qualità dell’aria è buona. Qualcuno però ricorda l’intuizione di Leonardo da Vinci? 

L’atmosfera… pittorica

Questo genio rinascimentale era, tra le tante attività con cui si teneva occupato, anche un abilissimo pittore. In quanto uomo di scienza, chiaramente non si limitò all’estetica della rappresentazione pittorica, ma ricercò negli anni il più puro realismo, passando necessariamente per la geometria. Ha fatto continuo riferimento ai principi della prospettiva lineare, frutto del lavoro non solo di studio e formalizzazione ma anche di divulgazione dei fiorentini Filippo Brunelleschi e Leon Battista Alberti, ma ha saputo raggiungere qualcosa di molto più avanzato.

Osservando attentamente alcuni paesaggi, con un occhio che nessuno aveva mai avuto prima di lui, notò che su lunghe distanze (si pensi alle rappresentazioni paesaggistiche) i contorni si fanno meno nitidi, ma soprattutto il colore sfuma via via su tonalità sempre più vicine all’azzurro.

Applicando questo accorgimento sulla tavolozza e sulle sue tele, ottenne un inedito ed estremamente realistico effetto di profondità spaziale. Questa sua intuizione, tramutata in tecnica pittorica, è passata ormai alla storia con il nome di prospettiva aerea

La soluzione del nostro dilemma inizia allora a delinearsi: la Terra è avvolta dall’atmosfera, e guardiamo attraverso essa sia quando puntiamo lo sguardo verso l’alto (il cielo blu) sia quando ammiriamo un panorama che si estende per chilometri e chilometri dalla cima di un monte. In questo secondo caso, un occhio attento nota la tendenza all’azzurro dei profili più lontani all’orizzonte, che siano grigie vette rocciose o pianure coltivate verdi e gialle, proprio come avviene in questa foto.

Foto di Maria Krasnova su Unsplash

Ci stavamo già arrivando un bel po’ di righe fa e ora abbiamo la conferma: è l’atmosfera a farci vedere il cielo blu, che blu non è.

Non possiamo avere un cielo arcobaleno

Questa era la risposta facile, ma qualcuno potrebbe legittimamente chiedersi perché il cielo debba essere proprio blu e non invece giallo, verde o rosso

Con gli argomenti che abbiamo snocciolato finora, si potrebbe concludere che le particelle dell’atmosfera sono blu – riflettono il blu o, come capiremo meglio e più correttamente più avanti, diffondono il blu – e si comportano come ogni cosa che vediamo e a cui attribuiamo un colore: assorbono tutte le lunghezze d’onda fuorché quelle blu, che vengono invece riflesse verso i nostri occhi. Mi dispiace infrangere i sogni di chi si aspettava una risposta così semplice, ma saremmo un tantino fuori strada! Anche perché il cielo può effettivamente tingersi di quei colori che ho nominato poco fa (giallo, verde, rosso) in particolari circostanze, ma l’atmosfera è sempre la stessa e se avesse veramente un colore proprio non potrebbe cambiarlo a piacimento per farci vedere un bel tramonto infuocato.

La vera soluzione è quindi necessariamente un po’ più complicata, e sono certo che qualche lettore (non certo tutti) vorrà arrivare fino in fondo. Con ancora un po’ di pazienza, nella speranza di non avervela già fatta finire, arriveremo al nocciolo della questione nel prossimo articolo di questa serie. Stay tuned!

FONTI
Le fonti consultate per la stesura di questo articolo sono riportate in coda all’ultima parte della serie di quattro pubblicazioni. 

Crediti: Foto di Maria Krasnova da Unsplash

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